BUGO (Christian Bugatti) ## Milanese di Rho, 42 anni, cantautore

Christian Bugatti, in arte Bugo, è fra i cantautori più interessanti e apprezzati degli ultimi anni. Nato 42 anni fa a Rho, cresciuto a San Martino di Trecate, in provincia di Novara, è milanese dal 2000. Un po’ Vasco Rossi e un po’ Beck, in questi anni Bugo ha realizzato otto album e con brani come Io mi rompo i coglioni, C’è crisi e Nel giro giusto ha portato una ventata d’aria fresca nell’asfittico panorama della canzone d’autore italiana. L’ultimo album è uscito a metà aprile e si intitola Nessuna scala da salire, da cui è stato tratto il primo singolo Me la godo. Dal 2010 al 2013 Bugo ha passato lunghi periodi a Nuova Delhi, in India. «Bella città», dice, «però vuoi mettere Milano?».

Come c’è arrivato da quelle parti?
«Con mia moglie. È diplomatica, era stata trasferita lì, e così per lunghi periodi sono stato con lei. Ci siamo anche sposati in India».
Mai pensato di fermarsi a New Delhi?
«No. È una città bella ed emozionante, ma Milano è Milano».
Addirittura?
«Nella vita è tutto relativo, mi creda».
E quindi?
«L’aria. Qui è inquinata ma a Nuova Delhi è irrespirabile. Dopo quella di Pechino è la più avvelenata del mondo. Dopo qualche mese lì, quando arrivavo a Milano guardavo il cielo e pensavo: “Che meraviglia, com’è azzurro…”».
Sua moglie adesso dov’è?
«A Madrid, dietro l’angolo».
Perché nel 2000, a 26 anni, scelse di venire proprio a Milano?
«Perché è la città della musica, per sfondare e lavorare».
La prima impressione come fu?
«Non ne potevo più di stare isolato nel mio paesino di campagna, fu amore a prima vista. Affittai il primo appartamentino vicino a via Ravizza e ricordo che andavo sempre in giro a piedi. Mi sembrava New York… Per capire dove si faceva musica in città andavo tutte le sere per locali. Mi divertiva la gente che incontravo, anche il fighetto milanese modello “Uè! Cazzo, figa… e allora?!”. Ero entusiasta».
I rapporti umani?
«Subito buoni. All’inizio sono quelli del sud che si lamentano, ma poi si aggiusta tutto. A me piace tanto Milano: è operosa, ambiziosa, stimolante. Qui si fa e si fa bene».
Gli inizi discografici?
«A settembre 2001, pochi giorni dopo l’attacco alle Torri Gemelle, mi scrisse un discografico della Universal per dirmi che aveva sentito un mio demo ed era interessato a sentire altro. Visto che vengo dal nulla, e dentro ho una carica fortissima, pensai subito: “Ci sono, non mollo”. Funzionò».
La sua famiglia che cosa fa?
«Mia madre è casalinga e mio padre commercia in metalli, come tutti quelli della nostra zona, il Novarese».
Le differenze maggiori fra milanesi di nascita e adottivi quali sono?
«Quelli nati qui sono più tranquilli, sanno che questa è una città che funziona e le cose qui succedono. Quelli che vengono da fuori hanno fame, grinta ed energia da vendere. Merce che in città fa bene a tutti».
Che cosa non le va giù?
«Non sono mondano. Preferisco bere una birra con gli amici piuttosto che star dietro al luccichio delle feste modaiole. Nel 2008 con Il giro giusto parlavo di questa roba qui».
Come se la passa, adesso, Milano?
«Mi sembra bene, direi. Anche se quando passo per la Stazione Centrale mi chiedo chi possa aver autorizzato la costruzione di quelle assurde rampe di scale e tapis roulant a zig-zag».
Se arrivano in città amici dall’India dove li porta?
«A vedere Porta Nuova, il parco di Porta Venezia, il Duomo, il Castello Sforzesco… Sarò banale ma così non si sbaglia mai».
Milano come l’ha cambiata?
«Mi ha reso piu socievole, deciso, consapevole. Non ho paura. Voglio andare avanti. Voglio soldi e successo».
Con la carriera a che punto è?
«Mi sembra sempre di ripartire: nuova etichetta, nuova carica, nuovo disco. L’ultimo che ho fatto è del 2011, ce n’è di roba da ascoltare».
Fin qui ha raccolto il giusto o no?
«Finora ho avuto due momenti buoni, nel 2001 e nel 2008, ma di sicuro non mi considero arrivato. Mi ispiro a Vasco e Ligabue e non ho certo quei numeri lì, ma ci sto lavorando. Voglio farmi conoscere da tutti».
Nel frattempo, negli ultimi anni, sono sbucati tanti piccoli Bugo…
«Me lo dicono spesso. A chi si riferisce?».
Calcutta, giusto per fare qualche nome.
«Mah! Quelli come lui non li riconosco come figli, nemmeno illegittimi. Non sono quella roba lì. Mi accostano ad artisti così perché non sono famoso. Se lo fossi, tipo Grignani, sarebbe tutto diverso. Il punto è che a me l’indie fa cagare. A me piacciono Vasco Rossi e Rino Gaetano. Sono un cantautore. Punto in alto, io».
L’ossessione più grande che ha?
«Continuare a fare quello che mi piace: la mia musica. Andare dritto per la mia strada senza maschere. Non è facile».
Perché?
«Tanti giudicano le mie canzoni per come sono io…».
E com’è?
«Sono quello che sono. A volte un po’ ingenuo. Non prendo in giro la gente, quello che faccio è vero, e se dico una cazzata so anche chiedere scusa. Insomma, pensate alla musica. E basta».

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