GINEVRA GULINELLI ## Milanese di Padova, 39 anni, comunicatrice

Padovana del 1975, attiva nel mondo della canzone italiana – Cesare Cremonini, Renga, Negrita, Tiromancino, Paola Turci… – Ginevra Gulinelli è milanese dal 2007. Single, non ha figli, ama le bollicine, la musica pop (ovviamente) e le auto (ha il piede pesante). Se nel ritratto di Andrea Colzani che vedete qui sopra vi sembra una dal caratterino non proprio facile, sappiate che la foto non mente. Quando Ginevra lavora è una specie di Kim Jong-Un in gonnella. Per il resto, è un pezzo di pane. È nata e cresciuta a Padova, Ginevra, ha studiato a Bologna, la prima esperienza di lavoro importante l’ha fatta a Roma, nel 2003. Lì, quattro anni dopo, quasi per caso, è passato un bel treno, veloce e promettente, e l’ha preso al volo. Portava a Milano, ovviamente. «Ho scoperto che il lavoro del comunicatore», racconta, «nella Capitale funziona solo se sei da una vita nel giro giusto. Non era il mio caso, ovviamente, e siccome volevo farmi strada nel mondo della discografia, quella vera, che in Italia ha il suo fulcro a Milano, alla fine ho cominciato a dirmi la verità e a guardarmi intorno. Mi è andata bene. A Roma, al Concerto del Primo Maggio 2007, ho incontrato quello che sarebbe diventato il mio datore di lavoro. Dietro il palco ci siamo parlati per un po’, l’indomani ci siamo rivisti, dopo una settimana ho fatto i bagagli». Assunta nell’agenzia di comunicazione Parole & Dintorni di Riccardo Vitanza, la più conosciuta e stimata nel circuito musicale italiano (lavora con Ligabue, Francesco De Gregori, Elisa, Antonello Venditti, Litfiba, Pooh etc.), la padovana passata per Bologna e Roma inizia a scoprire Milano. Parliamo di questo e altro – alle 8 del mattino – in un piccolo bar vicino a casa sua, a due passi da Largo La Foppa, praticamente nel centro della città.

Come furono i primi tempi a Milano?
«Non la conoscevo e, dopo le prime settimane, non potevo certo dire che mi piacesse. In fondo, venivo da Roma e la sua bellezza mi mancava. In più non ero di sicuro abituata a ritmi di lavoro “estremi” e a un’aggressività che contraddistingue certi settori del mio ambiente professionale. Insomma, gli inizi non furono facilissimi. Poi, come tanti altri, mi sono ricreduta».
In che senso?
«La città ti conquista giorno dopo giorno perché pratica, precisa, puntuale. Lo so che è banale dirlo, ma Milano è una città organizzata che tende a semplificarti la vita. A volte sembra addirittura “tagliare corto”. Roma quasi ti stordisce per quanto è bella, però dopo il primo mese che ci vivi te ne dimentichi e ti rendi conto che è difficile fare qualsiasi cosa: spostarsi, parcheggiare, organizzare una serata al cinema… Io, poi, amo la sobrietà, e quel suo essere sempre sopra le righe dopo un po’ mi stanca. Da veneta, mi ritrovo di più nella discrezione e nel profilo basso di Milano».
Dal punto di vista dei rapporti umani com’è andata finora?
«Bene. Quasi tutti quelli che arrivano in città la prima volta conoscono almeno una persona che vive e lavora a Milano. Io ne avevo due, e questo i primi tempi mi ha aiutato a non sentirmi sola come un cane».
Città accogliente?
«Per me è l’unica che, anche se non sei nata e cresciuta qui, dopo poco tempo ti fa sentire a casa. Ti trasforma in milanese. Io sono padovana, le mie radici sono in Veneto ed Emilia, ma se oggi qualcuno mi chiede da dove vengo, rispondo Milano. Mi sento parte di questa città perché qui sono stata accolta subito e bene, e perché sento che qui tutto mi corrisponde. Ovviamente, cosa da non dimenticare mai, a Milano è tutto più facile se lavori e hai un ruolo, uno qualsiasi, in società. Senza, qui, è più difficile che altrove. Qui senza lavoro rischi di diventare un fantasma».
Qual è la “sua” Milano?
«Quella intorno a casa mia: Via Volta, via Moscova, largo La Foppa… Qui riesco a fare e ad avere tutto quello che mi serve. Vivo nel quartiere».
La parte della città a a cui è più affezionata?
Il Forum di Assago… È brutto, e di sicuro non è poetico, ma è il luogo per eccellenza della musica dal vivo in città e per me rappresenta un importante punto di riferimento professionale. Nel 2012, per esempio, quando toccò a Cesare Cremonini, per il quale lavoro da anni, fu fantastico. E poi Brera, quartiere in cui a piedi mi perdo sempre con piacere. Per il resto, Milano se ne frega di farsi vedere subito bella. Tanto, lascia capire, prima o poi da queste parti si deve passare…E solo allora chi è veramente interessato riuscirà a capire che ha piazze, palazzi e cortili straordinari. Milano bisognerebbe vederla dall’alto per apprezzarla fino in fondo».
Il brutto?
Il clima, ovvio. A Padova è tremendo, ma qui è anche peggio. E poi, attualmente, l’insicurezza e l’immigrazione irregolare. La sera non ha mai avuto paura ad andare in giro da sola, mentre ultimamente mi guardo spesso intorno. Nel mio palazzo l’unico appartamento non ancora “visitato” dai ladri è il mio».
Tornerebbe indietro, a Padova?
«Mai. Almeno fino alla pensione, se mai l’avrò, Milano sarà ancora a lungo la mia città, l’unica in Italia al passo delle altre realtà metropolitane europee. L’unica dove, se sei una donna e vai a cena o al cinema da sola, sei rispettata. Puoi farti i fatti tuoi senza sentirti a disagio. A molti questo dà fastidio, c’è chi, venendo dalla provincia, si lamenta: “A Milano, anche se vai in giro in mutande, nessuno ti guarda o ti parla”. Io rispondo sempre allo stesso modo: “E ti pare poco?”. Qui ognuno fa quello che vuole e nessuno perde tempo a giudicare. Lo trovo impagabile».
Conosce tanti milanesi?
«Pochi. E quei pochi mi piacciono per sobrietà, voglia di fare e concretezza. Cosa che vale anche per chi, la maggioranza, milanese non è ma dopo poco si “milanesizza”. Vale anche per i romani che, una volta qui, difficilmente tornano indietro. Anche se si lamentano sempre, sono quelli che si lamentano più di tutti…».
È sempre la città dei single?
«Non lo so. Io adesso lo sono e mi sembra che in giro ce ne siano tanti. Comunque, single o meno, qui – volendo – si esce ogni sera: si beve un bicchiere, si fanno quattro chiacchiere e tutto è più facile. Se in provincia si chiudono a riccio, a Milano sono tutti disponibili all’incontro. Insomma, Milano sa essere anche molto allegra e divertente. Certo, dopo poco arriva la domanda relativa a quello che si fa nella vita, ma è normale, non ci vedo niente di sbagliato. Tanto, prima o poi, ci pensiamo tutti a certe cose».
Che cosa intende dire?
«C’è chi si offende perché, dopo questa domanda, pensa che a Milano contino solo i soldi, invece è il modo più semplice e diretto per cominciare a parlare. Il lavoro definisce la persona, sei anche quello che fai, inutile negarlo. Sapere cosa si fa per vivere aiuta a farsi velocemente un’idea di chi si ha di fronte e a trovare eventuali punti in comune. I milanesi sono pragmatici, si sa, vanno dritti al sodo. E meno male, aggiungo io».

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