ISABELLA BOSSI FEDRIGOTTI ## Milanese di Rovereto, 67 anni, scrittrice

Nata nel 1948 a Rovereto, Isabella Bossi Fedrigotti vive dal 1967 a Milano, dove è venuta per frequentare l’università. Due figli maschi, giornalista (ha una seguitissima rubrica di posta sul Corriere della Sera) e scrittrice, ha esordito nella narrativa nel 1980 con Amore mio, uccidi Garibaldi (Longanesi; Tea 1991). Con il secondo romanzo, Casa di Guerra (Longanesi 1983) è stata finalista al Premio Strega e al Campiello. Il successo al Premio Campiello è arrivato nel 1991 con il terzo romanzo, il bestseller Di buona famiglia (Longanesi; Tea 1993). Del 1996 è Magazzino vita (Longanesi; Tea 1998), a cui hanno fatto seguito Il catalogo delle amiche (Rizzoli 2001), La valigia del signor Budischowsky (Rizzoli 2003), Il primo figlio (Rizzoli 2008), Se la casa è vuota (Longanesi 2010). I vestiti delle donne (Barbera, 2012).

Trascrizione videointervista a ISABELLA BOSSI FEDRIGOTTI

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Sono Roveretana, immigrata però naturalizzata…

IL PRIMO PERIODO IN BICI
Sono venuta qui a fare l’università, il primo anno stavo dietro Piazzale Loreto. Ero molto smarrita, conoscevo solo l’università. A piazzale Loreto mangiavo un cornetto al Motta di Piazzale Loreto, poi un po’ alla volta avevo portato la mia bicicletta da Rovereto che mi è stata prestissimo rubata, visto che le biciclette vengono sempre rubate a Milano… Così però l’ho conquistata un po’ alla volta.

IL PRIMO IMPATTO
(Milano) Era magnifica, era misteriosa, era piena di offerte, piena di vestiti, piena di negozi. Avevo un po’ paura…

L’UNIVERSITÀ ’POST ’68
Era il post ’68 e all’improvviso, all’università… Mio fratello era stato alla stessa università e all’improvviso i voti sono scattati in alto… La prima cosa di cui mi sono resa conto è che all’improvviso I voti erano più alti. Non perché io studiassi di più, ma perché era cambiato tutto. Il ’68 aveva… rispetto ai voti che aveva mio fratello, infinitamente più bravo di me ma aveva i voti più bassi… Era cambiato il mondo.

LE VIOLENZE E GLI ARRUFFAPOPOLI
Poi ovviamente sono venute anche le violenze: mio padre diceva “Venite via da Milano, che cosa ci state a fare? È pericoloso”. Telefonava in continuazione, però quando si è giovani non si sente il pericolo. Io ero curiosa, andavo all’università e ascoltavo questi arruffapopoli con seguiti pazzeschi. Mi divertivo anche, non ho mai partecipato anche perché sono timida ed ero timidissima, però ci andavo, ascoltavo e imparavo.

IL VANTAGGIO DEI TRENTINI…
I trentini hanno sempre avuto un vantaggio nel senso che tuttora sono considerati gente seria, perbene, che non imbroglia. Montanari di cui ci si può fidare, perciò ho sempre trovato grande accoglienza.

…E DEI NAPOLETANI
Probabilmente non valeva solo per i trentini perché mio marito, che veniva da Napoli, aveva gli stessi ricordi miei. Accoglienza e cortesia, curiosità, ma in amicizia mai il rancore, mai il sospetto.

MILANO CITTÀ APERTA
L’apertura era favorita dal fatto che c’era una base della popolazione molto ampia che era veramente milanese, parlava in dialetto, mentre adesso è tutto molto frastagliato, frammentato, non c’è più la grande famiglia milanese con solide tradizioni, da generazioni, in questa città. Per cui ha forza di accogliere lo straniero che viene da fuori. Adesso questa base non c’è più È molto frammentata e non ha più la forza di accogliere come prima. Questa è la mia teoria.

QUANDO È DIVENTATA CASA
A casa mi sono sentita quando ho fatto famiglia. Io con figli, asilo, scuola…non più il fine settimana a Rovereto ma qui. È una cosa che non dipende tanto dalla città, ma dall’evolversi della mia vita… Milano era diventata casa.

IL RITORNO A CASA
Con i genitori anziani c’è un un affetto che andavo spesso a cercare perché, anche quando poi ho avuto la mia famiglia, andavo spesso a cercare anche se i genitori erano anziani. Dormire a casa mia… dormivo meglio perché non ero responsabile della casa, non ero responsabile della mia famiglia. E allora dormivo bene. Non dovevo pensare alla spesa, al lavoro, ai bambini, al marito… Era un abbandono, ci doveva pensare qualcun altro. Poi non era vero,, perché ci pensavamo lo stesso con i genitori anziani però questa sensazione psicologica di essere “figlia” era bellissima.

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Io sono una camminatrice, nel senso che faccio trekking, non c’è sistema migliore per conoscere un luogo, una città, che andare a piedi.

CONOSCERE LA CITTÀ
E poi ovviamente il mio lavoro come cronista mi ha aiutata tantissimo non solo per la rubrica con i lettori, che ho già da parecchi anni in un colloquio quotidiano non di una sola lettera, ma di 10-20-30 lettere al giorno che mi parlano di Milano perlopiù dei disguidi. È ovvio che scrivono solo gli scontenti e i contenti non scrivono… Tu non scriveresti quando sei felice, scrivi quando ti infuri…

MILANO SOLIDALE
Proprio della rubrica mi rendo conto che quando ci sono i problemi i milanesi ci sono. Con una certa regolarità pubblico lettere di persone che hanno bisogno di lavoro, soccorso, qualsiasi cosa, c’è sempre qualcuno che risponde, offre aiuto, offre assistenza, offre consiglio perfino ospitalità.

CAPITALE DEL VOLONTARIATO
Il volontariato a Milano c’è, è un esercito di volontari. Sono cose che segnano una città, che ne fanno che ne fanno il profilo profondo.

MILANO OGGI
Io vedo una città in buona forma, bisogna dire Expo è servita. Nessuno può negare che è servita a imbellire, a rimettere Milano in forma.

CONCRETEZZA MENEGHINA
Ma in un senso di pragmaticità, direi. Andiamo al concreto senza tante parole. Anche questa è una cosa che riscontro sul giornale quando dicono: “Vogliamo sapere. Non vogliamo parole, vogliamo i fatti, che cosa possiamo fare, in che modo posso intervenire… Che cosa suggerisce nella pratica”. Problemi a tutti i livelli. Direi che questo è l’atteggiamento che caratterizza il milanese senso pratico, concretezza.

COME SI CAMBIA
Il mio lavoro mi ha cambiata nel senso che si diventa più tollerante… perché a sentire tutte queste storie poi non giudichi più.

MILANO PER SEMPRE
Io sono venuta qui a studiare. Non vai più in una città piccola. Io avevo pensato di andare a studiare a Padova, perché da Rovereto andavano tutti a Padova, però mio padre era una un uomo molto intelligente e aveva fatto andare i miei due fratelli a Milano. Non è che fosse entusiasta dell’idea che io studiassi, perché le donne dovevano sposarsi e fare bene da mangiare, tenere bene la casa, però se volevo studiare diceva: “Vai a Milano”.

UNA FINESTRA DI LIBERTÀ
La scrittura per me è stata una finestra, una porta di libertà. Cioè mi ha guarita da tutte le malattie di provincia, oppure le malattie di famiglia, le difficoltà, i problemi, le regole. Io penso che l’avrei aperta, sarei riuscita ad aprirla dappertutto…

SÌ ALLA MOSCHEA
Ovvio che devono farla la moschea, è ovvio che non vorrei vederla nel mio (quartiere), ma questa è una cosa brutta da dire… Però è ovvio che devono farla. Non so quanti milioni di musulmani, quante migliaia di musulmani ci sono…

IL SUCCESSORE DI PISAPIA
A me sta simpatico Pisapia, a me è piaciuto. Spero non tocchi a Salvini. Non penso che i milanesi dopotutto lo votino, anche perché promette ai milanesi e agli italiani cose che non può mantenere. Non ho nulla contro di lui, ma imbroglia gli elettori perché dice che possiamo impedire l’immigrazione, ma non possiamo, non c’è verso. O gli spari addosso o dobbiamo accoglierli.

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E POI, MADRID
Ero disperata perché ho dovuto lasciare il mio lavoro, mio marito è stato nominato corrispondente del Corriere a Madrid. E la moglie segue il marito. Ero lì perennemente disperata, senza conoscere nessuno. Poi Madrid è una città molto chiusa, molto classista. Mi ricordo i popolari con i popolari, i socialisti con i socialisti, difficilmente si mescolavano. È stato anche abbastanza difficile inserire i bambini a scuola. Poi (con il tempo) mi sono trovata benissimo anche lì, devo dire. Una ciudad magnifica. Loro mi dicevano ”Ah! Che meraviglia te vas rumbo Milan”, cioè Milano era vista a Madrid come un centro luccicante.

LE COSE DA RIVEDERE
Il controllo del territorio, le regole… Non solo quelle che riguardano il traffico, che sono forse le più urgenti e quelle che stanno più a cuore milanesi, divieti di sosta, controllo sulle irregolarità, le musiche notturne, gli schiamazzi… Le piccole illegalità. I cittadini vogliono la pulizia, vogliono l’ordine, perché è così: siamo fatti così.

RESTO IN CITTÀ
Si resta dove si hanno gli amici. Dei miei figli uno è già emigrato per le note questioni occupazionali italiane, l’altro lavora a Milano ma non ci si può appoggiare sui figli, bisogna contare sugli amici.

MAI IN CAMPAGNA
La mia nonna, che è sempre vissuta in campagna, diceva: “Ragazze, da vecchie mai in campagna”.

LA NOSTRA CITTÀ
Quando rispondo alle lettere scrivo sempre “la nostra città”, ma non lo faccio per camuffarmi né per ingraziarmi, ma perché lo sento veramente. È la nostra città in cui ho vissuto, in cui vivo, in cui ho lavorato, in cui ho fatto la mia fortuna. Qui ci sono le case editrici, qui ho potuto conoscere persone che mi sono state preziose con i lor consigli, scrittori che ho conosciuto al Corriere della Sera. Persone con cui ho parlato che mi hanno aiutato, che mi hanno stimato. Insomma, è una grande miniera Milano, una miniera intellettuale, la miniera intellettuale italiana.

TRE DEFINIZIONI
Mista in tutti sensi. Mista di popolazione ma anche di ricchi e poveri, di bello e di brutto. Ma anche energica, perché se non ci sono energie qui non le troviamo in nessun altro posto in Italia… E poi, nonostante tutto, io metterei generosa.

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