A Ottobre a Brescia di nuovo in tribunale per tre casi importanti

Torneranno in aula ad ottobre tre casi che hanno fatto scalpore: Bozzoli, Mosca e quello di Patrick Kassen e Cristian Teismann. 

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Casi che hanno fatto scalpore e che sono passati in primo grado attraverso il Tribunale di Brescia. Dopo le impugnazioni delle sentenze, in autunno gli accusati e condannati torneranno in aula per il secondo grado, davanti alla Corte d’Appello.

L’interesse sarà focalizzato su tali procedimenti giudiziari, i quali porteranno ad esiti che non sono di certo scontati. Uno è il caso Bozzoli, accusato e condannato per la morte dello zio Mario, avvenuta l’8 ottobre 2015.

La scomparsa dell’imprenditore è avvenuta all’interno della sua fonderia di Marcheno. Secondo l’accusa l’omicida si è servito della complicità di alcuni operai per cremare il cadavere all’interno dell’alto forno.

Dopo una prova giudiziaria ottenuta dall’aver bruciato un maiale morto, i giudici hanno dedotto che il corpo poteva essere stato bruciato dall’omicida senza lasciare traccia. Giacomo Bozzoli si è sempre dichiarato innocente.

La Corte d’Assise aveva, comunque, emesso una sentenza di condanna all’ergastolo. I difensori del condannato l’hanno impugnata con un ricorso di ben 77 pagine, e lo hanno depositato presso la cancelleria del tribunale nei mesi scorsi.

Il caso di Carlo Mosca e dei due ragazzi travotli da un motoscafo nelle acque del Garda

I legali sono determinati a smontare la ricostruzione sostenuta dal presidente del tribunale Roberto Spanò. Il giudice ha individuato il movente nell’odio che il nipote covava verso lo zio.

Inoltre, gli avvocati sostengono che, se il loro assistito avesse davvero aggredito ed ucciso la vittima all’interno della fonderia, avrebbe anche dovuto trascinare il corpo verso il crogiolo, e questo avrebbe lasciato dei segni di trascinamento sul pavimento.

L’altro caso, invece, riguarda Carlo Mosca, il medico cremonese, primario di Pronto soccorso all’ospedale di Montichiari in provincia di Brescia, accsato di omicidio volontario di due persone che avevano contratto il covid.

La loro morte è avvenuta nella prima fase pandemica, a marzo 2020. Le accuse furono mosse da due infermieri, i quali denunciarono il medico per la somministrazione di farmaci letali.

Questi, infatti, possono essere utilizzati solo in caso di immediata intubazione altrimenti risultano fatali. Il primario rimase ai domiciliari per 18 mesi, mentre il pubblico ministero Federica Ceschi aveva chiesto una condanna a 24 anni di carcere.

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Il tribunale aveva, però, deciso diversamente, assolvendo con formula piena Carlo Mosca in primo grado.Ha, poi, trasmesso gli atti per i due querelanti. Gli infermieri ora sono indagati per calunnia.

I giudici avevano dichiarato che il loro gesto era basato su tesi, supposizioni e sospetti, ma non su fatti. Un’accusa infamante, dunque, ancor più perché rivolta ad un medico la cui attività è quella di salvare vite.

La Procura, però, ha impugnato la sentenza di assoluzione per Mosca. Ora si ritroveranno tutti, di nuovo, a metà ottobre, in aula per il processo d’appello. Vedremo come finirà questa volta.

L’altro caso riguarda invece i due turisti tedeschi condannati in primo grado dal tribunale bresciano. Patrick Kassen, che era alla guida del motoscafo, a quattro anni e sei mesi e Cristian Teismann, che è il proprietario del natante, a due anni ed undici mesi.

In attesa dell’entrata in vigore della legge sull’omicidio nautico

Il 19 giugno 2021 questi si trovavano sul lago di Garda, a bordo del potente mezzo che ha travolto la barca di legno sulla quale si trovavano le vittime. Si trattava di Greta Nedrotti, di 24 anni ed Umberto Garzarella, di 37, che sono deceduti sul colpo.

I loro legali hanno depositato, presso la cancelleria del tribunale, un ricorso in Appello chiedendo l’assoluzione dei loro assistiti. La motivazione sta nel fatto che la tragedia ha avuto luogo anche per la condotta illecita tenuta dalle vittime che si trovavano sulla piccola imbarcazione.

La sentenza, secondo gli avvocati, si basa sull’esercizio del doppiopesismo dovuto forse ad un’esigenza, umanamente comprensibile, di preservare la memoria delle giovani vittime. Un atteggiamento, però, non giuridicamente sostenibile.

I familiari di Greta ed Umberto hanno preso molto male tale contestazione che, pare, non dia peso alla loro grave ed effettiva perdita. Stanno ancora attendendo l’entrata in vigore del reato di omicidio nautico, tuttora fermo in Parlamento.

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