Alessandro Impagnatiello è imputato nel processo per l’omicidio di Giulia Tramontano, la 27enne uccisa nel maggio scorso, mentre era in attesa del suo primo figlio.
L’ex barman – attualmente detenuto nel carcere di San Vittore – è arrivato accompagnato dagli agenti della Polizia penitenziaria. In aula sono presenti anche i familiari di Giulia: la sorella Chiara, il fratello Mario e i genitori.
Ha preso il via questa mattina, nell’aula della Corte d’Assise di Milano, il processo che vede imputato Alessandro Impagnatiello, il barman accusato di aver ucciso la fidanzata, Giulia Tramontano, incinta al settimo mese di gravidanza nel maggio dello scorso anno. Il 30enne, che si è presentato in aula con la testa china e lo sguardo basso, è stato accompagnato nella gabbia e lì ha pianto per qualche secondo. Sul volto erano visibili le lacrime.
In aula sono presenti i familiari di Giulia Tramontano, la sorella Chiara, che ha più volte rivolto lo sguardo all’ex barman, i genitori e il fratello Mario. Il dibattimento è stato spostato nella maxiaula della corte, per evitare il caos che si è generato all’arrivo dell’imputato. Ai cronisti assiepati di fronti al tribunale, l’ex pm Antonio Ingroia, che rappresenta il comune di Senago (paese di residenza della vittima), ha parlato di premeditazione lucida e spietata da parte di Impagnatiello.
I familiari della futura mamma hanno invocato l’ergastolo per l’imputato. Una richiesta che aveva già lanciato la sorella Chiara qualche settimana fa in un post pubblicato sul suo profilo Facebook, in cui chiedeva giustizia per la morte della 27enne e del piccolo Thiago cui è stato strappato il diritto alla vita.
L’omicidio di Giulia Tramontano – 27 anni, originaria di Sant’Antimo, Napoli – da tempo residente a Senago, nel milanese, risale al 27 maggio dello scorso anno, quando i familiari della ragazza ne denunciarono la scomparsa. In realtà, mentre scattavano le ricerche della giovane, Giulia era già stata uccisa e il suo corpo occultato dietro alcuni box poco distanti dalla sua abitazione.
A macchiarsi dell’atroce delitto, per sua stessa ammissione, sarebbe stato Alessandro Impagnatiello, fidanzato di Giulia e padre del bambino che la ragazza portava in grembo. Il 30enne, che lavorava come barman in un hotel di lusso di Milano, aveva un’altra relazione, con una collega di lavoro. Scoperta quella storia, Giulia aveva voluto incontrare l’altra ragazza, proprio il giorno in cui fu uccisa. A quell’incontro le due avrebbero voluto anche il 30enne, che invece non si presentò. Quella sera stessa colpì Giulia con un coltello da cucina, per 37 volte, poi tentò – senza riuscirci – di dar fuoco al cadavere nella vasca di casa. Le indagini hanno poi ricostruito che il 30enne stava tentando – da ormai diversi mesi – di avvelenare Giulia con del veleno per topi, aggiunto alle bottiglie d’acqua che la vittima consumava abitualmente.
Un tentativo, forse (saranno i giudici a stabilirlo) di liberarsi di Giulia e del bambino che di lì a poco sarebbe venuto al mondo, per vivere, alla luce del sole, la storia con la sua collega.