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ALBERTO NIGRO E ANDREA FRATEFF-GIANNI ## Milanesi di Milano, 30 e 35 anni, conduttori di Pop Up / Radio Popolare

Hanno 35 e 30 anni, sono milanesi di Milano, sono svegli, e dal 2010 fanno radio in maniera diversa dal solito, andandosene in giro per la città, in mezzo alla gente, con un vecchio furgone Volkswagen Westfalia. Si chiamano Andrea Frateff-Gianni e Alberto Nigro e ogni sabato su Radio Popolare, dalle 18.30 alle 20.30, con il programma Pop Up raccontano Milano, chi ci vive, le novità e la politica, dando spazio a interviste, musica dal vivo, cabaret. Tutto senza annoiare né dire cazzate, che in radio non è proprio cosa da tutti i giorni. Chi scrive è stato ospite due volte e, per quello che conta, può confermare. Attenzione, però: quella che state per leggere non è una marchetta.

Quando avete iniziato?
Andrea Frateff-Gianni – «Sei anni fa, nel 2010».
Alberto Nigro – «Radiofonicamente siamo nati insieme realizzando il programma Radio Attiva per Poli.Radio, la web radio degli studenti del Politecnico di Milano».
Studiavate lì?
AN – «Sì. Io sono un ingegnere chimico ambientale. Ho studiato un anno a Barcellona, in Spagna, e uno a San Paolo, in Brasile. Poi sono tornato, mi sono laureato, e ho fatto tutt’altro».
Perché?
AN – «Diciamo che viaggiando un po’ ho capito troppe cose per poter continuare a fare l’ingegnere. Ho visto di persona come funzionano le imprese multinazionali all’estero, come sfruttano le persone e come incidono negativamente in certi Paesi. Meglio fare altro, visto che ho sempre avuto la passione per radio e video».
AFG – «Io, invece, ho studiato Lettere, poi sono andato a Torino per seguire un corso di scrittura creativa alla Scuola Holden, e un altro di giornalismo online con Luca Sofri».
Quando e come vi siete conosciuti?

AFG – «Tramite amici comuni che, sapendo del nostro sogno di fare radio, ci hanno messo in contatto. È successo sei anni fa, appunto. Da allora ci vediamo tutti i giorni».
Milanesi da generazioni?
AN – «Mamma sarda, papà siciliano…».
AFG – «Papà bulgaro adottato da una famiglia milanese di costruttori. Bocconiano, 89 anni, dopo due mogli e due figli, papà nel ’93 è tornato in Bulgaria. Mamma, milanese, non c’è più».
Quando è nata l’idea di fare radio itinerante?
AN – «L’idea di far parlare i luoghi e portare la radio alle persone ci è sempre piaciuta…».
AFG – «Nel dicembre 2011, già lavoravamo da un annetto, vado a bere un aperitivo in un locale anni ’60 che si chiama Vinile, e dopo un po’ mi chiedono di fare una festa con la radio dal vivo. Ne ho parlato ad Alberto, abbiamo accettato, e ci siamo organizzati. Visto il risultato, ottimo, siamo andati avanti. Abbiamo replicato l’esperienza durante il Salone del Mobile e poi abbiamo iniziato a girare per gallerie d’arte, librerie, il birrificio di Lambrate… Finita l’esperienza a Poli.Radio con Jukebox on the Rocks siamo approdati sul sito di Rolling Stone per dieci minuti a settimana».
Quando a Radio Popolare?
AFG – «Nell’estate 2011 abbiamo mandato una demo ma non ci hanno proprio cagato… Poi quando è cambiato il direttore siamo tornati all’attacco, più o meno un anno e mezzo fa».
AN – «Gli abbiamo proposto un programma dalla libreria Bocca, ma ci hanno risposto di esser molto interessati alla nostra idea di radio itinerante e così siamo saliti a bordo. La prima puntata l’abbiamo fatta a gennaio 2015 dal Bar Basso, un posto anomalo per il pubblico di Radio Popolare. Siamo in tour da allora».
Quale Milano entra nei vostri microfoni?
AN – «Tutte quelle possibili, anche se c’è qualcuno che ci ha criticato per aver scelto locali radical chic e hipster. In realtà abbiamo sempre scelto punti nevralgici della città in cui portare la nostra formula a base di parole, interviste, musica ed esibizioni dal vivo di cantanti, band e cabarettisti. L’obiettivo, ovviamente, è duplice: fare un bell’evento per il pubblico della radio, ma anche per quello che ci segue dal vivo. Vogliamo diventare i King dell’Infotainment».
AFG – «Quello che ci contraddistingue è il ritmo, la velocità. Radio Popolare ha da sempre una programmazione molto parlata, invece noi cerchiamo di fare interventi di massimo di 4-5 minuti, più da radio commerciale, però senza mai rinunciare ai contenuti. È una scelta editoriale che paga».
AN – «L’attenzione della gente, in questa epoca dove Internet frammenta la concentrazione, è al massimo di due minuti e mezzo, quindi più breve sei, più il messaggio arriva».
Come se la passa la Milano filtrata dai vostri microfoni?
AN – «È molto interessante, anche se non è sempre facile da capire. I tempi che viviamo sono attraversati da cambiamenti tumultuosi».
AFG -«C’è una grande offerta di locali e posti interessanti, e la scena artistica mi sembra attiva e molto varia. Girando con il nostro furgone, il nostro studio mobile d’assalto che ci fa essere completamente indipendenti, abbiamo raccontato atelier di stilisti e artisti, mercatini, festival…».
La risposta dei milanesi che vi vedono in azione com’è?
AN – «Dipende. A volte sembrano distanti anni luce, altre sono molto coinvolti e si fanno i selfie con noi mentre siamo in diretta… Di sicuro tutti sono esigenti e vogliono ritmo, novità, immediatezza. Anche per questo giriamo la città ogni settimana».
AFG – «Non è che abbiamo fatto la rivoluzione, sia chiaro. Però rispetto alle altre radio che si spostano, creando sempre un muro fatto di distanza o di vetro, noi siamo gli unici che fanno un programma in mezzo alla gente».
AN – «Due casse da 500 watt buttano giù qualsiasi cosa …».
La cosa più singolare che vi è capitata?
AFG – «Quando durante il Make Music Milan 2015 abbiamo fatto il programma a bordo del birriciclo, la birreria a pedali…».
AN – «Facevamo pedalare, e bere, gli ospiti mentre noi facevamo il giro di Milano. In sei ore di diretta siamo passati per le varie postazioni sparse per la città dando spazio a decine di musicisti».
La prossima?
AFG – «Ci piacerebbe fare il programma su una barca a vela. A giugno faremo un esperimento a Rio Marina, vicino a Livorno».
AN – «In pratica ci piacerebbe spostarci lungo la costa, fermarci nei porti, tirar fuori le casse e far sentire a tutti quello che facciamo. Vorremmo fare anche un documentario, visto che la mia passione per i video è sempre vivissima».
Che farete da grandi?
AFG – «Lo siamo già…».
AN – «Io non sarò mai grande… Diciamo che per i contenuti editoriali che ci interessa proporre non ci sono tanti contenitori. Forse Radio Due…».
AFG – «Il massimo sarebbe restare a Radio Popolare con tanti sponsor. La libertà che abbiamo adesso è merce rara. Possiamo dire e fare quello che vogliamo. Abbiamo carta bianca».
Secondo voi il quid di Milano qual è?
AN – «Il fatto che qui ci sia tanta gente che viene da tutta Italia e da tutto il mondo ha trasformato Milano in una città diversa dalle altre: qui è possibile uscire dagli schemi per fare cose diverse dal solito».
La prima cosa da cambiare?
AFG – «Ce ne sono tante. Mi viene in mente la “menosità”, i milanesi se la menano un po’ troppo…».
AN – «Sono d’acccordo. Bisogna liberarsi dagli schemi mentali che ci portiamo dietro da tempo ed essere liberi di pensare con la propria testa. Il vero problema di Milano è la moda. Nel senso che qui troppa gente fa certe cose perché è di moda, perché qualcuno ha deciso che è la cosa giusta da fare, dire, o pensare».
La mentalità?
AFG – «Un po’ provinciale. Anche se si atteggia a super metropoli Milano è un paesino».
Altrove come sarebbe andata per voi?
AFG – «Di sicuro a New York o Londra saremmo già ricchi… A Milano è più difficile, ma siamo onesti: è anche il posto miglior per fare quello che ci piace».
AN – «Non avendo grandi mezzi, possiamo far ricorso solo sulle nostre forze e sugli amici. Noi senza le persone che ci hanno aiutato non ce l’avremmo mai fatta ad arrivare fin qui».
Quali sono i vostri ruoli?
AN – «Lui è quello più casinista, io quello più tranquillo. Ma ormai ci conosciamo così bene che siamo intercambiabili. Se uno ha un calo di ritmo l’altro entra subito in automatico. Siamo perfettamente complementari, anche perché molto diversi. Io sono ingegnere, lui è un letterato…».
Quali sono i vostri riferimenti radiofonici?
AN – «Caterpillar e Un giorno da pecora, Cruciani e la sua Zanzara per qualche spunto, Linus per la precisione e il ritmo…».
AFG – «E poi Piovono pietre di Alessandro Robecchi a Radio Popolare, tutti programmi che raccontano e dissacrano con acume e originalità. Roba viva ed effervescente. Come la nostra».

Published by
andrea_scarpa