È nata a Zurigo, in Svizzera, ma è milanese dentro e fuori, Chiara Zannini. Milanesissima. Sposata senza figli, 34 anni, attaccatissima al quartiere dove è nata, è cresciuta ed è rimasta ad abitare anche da adulta – Porta Romana, Porta Vigentina – Chiara è simpatica e sorridente, anche se tende a lamentarsi spesso e volentieri. Come fanno (quasi) tutti i milanesi. Dopo aver lavorato come giornalista per alcuni periodici, da circa quattro anni fa la web editor per Yoox, il sito italiano per la vendita online di marchi di moda e lusso che il 5 ottobre si è fuso con il gigante americano del settore Net-A-Porter Group diventando Yoox Net-A-Porter Group.
Perché è nata a Zurigo?
«Per via della nonna mezza austriaca che aveva un amico ginecologo molto famoso, uno che curava principesse, star del cinema, professioniste etc. Anche mia mamma, nata a Milano come mio padre, si faceva seguire da lui e così, quando arrivò il momento di partorire, si trasferì a Zurigo qualche giorno prima. E lo stesso fece tre anni dopo con mia sorella».
Quindi è anche svizzera?
«No. Rientrai subito a casa. Sono milanesissima».
Che lavoro fa?
«Web Editor».
Che in pratica vuol dire?
«Mi occupo di creare contenuti editoriali per gli spazi web della mia azienda».
Dopo l’Expo come vede Milano?
«Un po’ meglio: mi sembra che si sia rifatta il trucco. Senta, devo dirle subito una cosa importante: non sono una fan di Milano. È la mia città, le voglio bene, ma non ne sono innamoratissima…».
Nessun problema. È sempre stato cosi?
«No. È solo che negli ultimi anni la vedo sempre più grigia e nevrotica, non ha più radici né tradizioni. Sembra un porto di mare».
Secondo lei oggi che cosa caratterizza di più Milano?
«La fretta. In più trovo che i milanesi siano molto chiusi, spesso poco simpatici, sempre sbrigativi. Oddio, è orrendo quello che le sto dicendo… Mi raccomando: non mi faccia sembrare così antipatica. Chi mi conosce sa che non sono così».
Non si preoccupi.
«Amo questa città, ma non sono una fan».
Com’è stato crescere qui?
«Quello che amo di Milano è che sono nata e cresciuta nello stesso quartiere dove ancora oggi vivo. Non volevo allontanarmi tanto dai posti che conosco: il panificio, la scuola, l’edicola, ovviamente casa dei miei, di mia sorella… Ecco, sono legatissima a questa dimensione di quartiere di una grande città che sa essere anche paesino, con le stesse persone, le stesse facce, gli stessi riti. In giro per Milano mi sento una in mezzo alla folla, anonima, non a casa mia. Il Castello Sforzesco è bello, sì, ma non mi appartiene. È lontano da me».
I milanesi di oggi come le sembrano?
«Ce ne sono di ogni tipo. Quelli sempre incazzati, quelli adottivi innamorati, quelli di nascita ma tiepidi come me…».
Le cerchie chiuse sono un realtà intramontabile?
«Fra milanesi di nascita, assolutamente sì. Certi giri sono chiusi a doppia mandata. Ognuno per sé. E se al ristorante mi trovo davanti qualcuno che al liceo non mi stava tanto simpatico, mi giro dall’altra parte. Non lo saluto nemmeno. È brutto da dire, ma succede».
Ha mai pensato di trasferirsi in un’altra città?
«Sì. Ma sono troppo attaccata alla famiglia e quindi resto qui, come una cozza sullo scoglio…».
Mete preferite?
«Mi sarebbe piaciuto vivere a Roma o Napoli. All’estero invece, mi sarebbe piaciuto andare in America, ma in città medio piccole, non in una megalopoli New York».
A proposito, quelli che spesso paragonano Milano a New York la fanno ridere?
«Sì, certo. Anche se per certi versi può anche essere vero. Qui ci sono tante idee nuove, un esercito di talenti e tanta voglia di fare. Per il resto, paragonati alle altre capitali europee facciamo ridere, siamo un paesotto che se la tira tantissimo e si lamenta di tutto, anche delle cose fighe: le maratone, l’Expo, il Salone del mobile, Settimana della moda… Altrove sarebbero eventi fighi e basta, con un pubblico scelto, da noi diventa una specie di sagra dove tutti, da bravi provinciali, devono andare per poi far sapere a chiunque di esserci stati».
Ha più amici milanesi o non milanesi?
«Milanesi, ovvio. Quelli di sempre. A cui vanno aggiunti quelli di fuori che non si sono completamente e inesorabilmente milanesizzati. Sono pochi…».
La cosa più fastidiosa dei suoi concittadini?
«Lo spirito chiuso. La poca cortesia. Quelli che pensano sempre e soltanto ai fatti loro. Altrove c’è un’attenzione diversa al prossimo. Un sorriso si regala senza problemi, aiuta a vivere meglio. Qui si risponde subito: che vuoi? Non me ne frega niente di te. Lasciami stare. C’è un po’ questa cosa di sentirsi assediati e quindi reagire con questa chiusura che mi sembra veramente eccessiva».
C’è una parte della città a cui è più legata?
«La zona fra Porta Romana e Porta Vigentina, dove vivo. Piazza Duomo è scontata ma mi incanta sempre, Brera è un un po’ troppo turistica, non la sento più mia, il Naviglio invece mi piace. Un’altra lamentela: odio chi lo sporca e ci butta dentro qualsiasi cosa. Ma che avete in testa?».
Tutti parlano male di Milano, ma poi qui restano? Perché?
«Tipo quelle come me…? È semplice. Perché Milano offre tantissimo».
Qualche suo amico è andato via?
«Quasi nessuno. Mio cognato per amore di una spagnola si è trasferito a Madrid. Per lui è un postaccio, tornerebbe subito indietro. Meglio Milano».
Lei dove scapperebbe?
«In Messico sulla spiaggia, ma anche in Puglia o Sicilia. Basta che sia un posto caldo, a contatto con la natura. Conosco tante persone che non vivono a Milano e vedo che con loro ogni cosa è più morbida, facile, meno tesa».
Anche lei va sempre via per il week end?
«In passato sì, sempre. Adesso mio marito, che lavora tantissimo e il venerdì sera arriva cotto, sabato e domenica non vuole guidare. Io non lo faccio da anni, così restiamo in città. Abbiamo un terrazzino che affaccia su un giardino interno pieno di verde… D’estate, però, devo andare via, con l’afa Milano non si sopporta».
Come se la spiega questa fuga di massa?
«Il milanese deve sempre avere qualcosa da fare, a stare sul divano senza fare niente non ce la fa. Deve avere una missione da compiere: andare a Santa (Santa Margherita Ligure, in provincia di di Genova, ndr), a prendere la focaccia e tornare indietro. Cagate così…».
Un po’ anche per fare vedere che si hanno i mezzi per poterlo fare?
«Certo. Ma è soprattutto per tenersi impegnati».
I primi perché che le vengono in mente sulla sua città?
«Perché le persone sono poco conviviali e non guardano mai in faccia? Perché il pavé è così sconnesso? Perché alcuni locali sono vuoti, altri strapieni? Perché alcune zone di Milano sono state connotate in maniera così forte: Navigli trasformata in zona di locali, Porta Ticinese quartier generale degli Hipster, Brera solo per artisti o pseudo tali?».
I nuovi grattacieli le piacciono?
«La nuova Skyline fa impressione, non mi dispiace. Ci voleva una bella novità. Adesso ce ne vorrebbe un’altra per la testa dei milanesi».
Per esempio?
«Avere più voglia di entrare in contatto con le persone, una maggiore apertura a livello umano, essere meno chiusi. Ricordandosi che un sorriso in più non fa male alla salute».