FRANCESCA E CAMILLA GUSTI ## Milanesi from Milan, 37 years old, lawyer and journalist

Francesca and Camilla Gusti are two sisters who could easily represent the Milanese today: sharp, smart and attentive but also multitasking, always in a hurry and with rousing eloquence. They are well informed, neurotic enough, polite but always ready for fierce jokes. In short, they are true Milanesi. Born in 1978, both married and with two children of age 1 and 4, Francesca is a corporate lawyer and Camilla is a journalist. They are twins, monozygotic twins. Identical.

FRANCESCA E CAMILLA GUSTI ## Milanesi di Milano, 37 anni, avvocato e giornalista

Francesca e Camilla Gusti sono due sorelle che potrebbero rappresentare alla perfezione le milanesi di oggi: sveglie, curate e attente a tutto, ma anche multitasking, sempre di corsa e con la parlantina travolgente. E poi informatissime, nevrotiche il giusto, educate ma sempre pronte alle battutacce feroci*. Insomma, milanesissime. Classe 1978, entrambe sposate e con due figli di 1 e 4 anni, Francesca e Camilla sono la prima avvocato (si occupa di diritto societario), la seconda giornalista. Sono gemelle, gemelle monozigoti. In pratica, identiche.

Francesca – «Siamo cresciute dalle parti di Corso Vercelli. A scuola siamo andate tutte e due all’istituto Vittorio Colonna e poi al Collegio San Carlo, quindi siamo sancarline doc…».
Quelle già sciurette a 15 anni?
C – «Ma va… Le migliori. È stato un cambiamento di scuola che ci ha fatto passare da una classe solo femminile a un’altra mista, cosa che non ci è dispiaciuta affatto».
Sempre in classe insieme?
C – «Sì. Alle elementari ci hanno divise, ma dalle medie in poi siamo sempre state insieme, anche all’università. Che abbiamo frequentato alla Bicocca, entrambe iscritte a Legge. Non davamo gli esami insieme, però, perché ci veniva il superstress».
Mai provato a fare l’esame dell’altra?
F – «No. Però un po’ ci si organizzava, dai».
Tipo?
C – «Ricordo che all’esame di Diritto amministrativo mia sorella mi passò alcune soluzioni scritte sulle gomme per cancellare».
Risultato?
C – «Insomma… Alla fine ho preso 19».
Che ricordi avete di quegli anni?
F – «Belli, ovvio. Si studiava, ma fra un libro e l’altro c’erano aperitivi, cenette, cazzeggio libero…».
C – «Ci si vedeva a piazza Vetra e da lì si partiva per far notte in discoteca passando per il Morgan, il bar Rattazzo, feste in giro… Con l’arrivo dei figli, basta. È finito tutto. Va bene così, ci mancherebbe: chi continua a fare sempre le stesse cose senza calcolare il tempo che passa mi fa pena. L’importante è aver vissuto quel periodo come si deve, altrimenti si restava con il chiodo fisso del rimpianto di non aver fatto chissà che cosa».
Mai fatto brutte esperienze?
F – «Mai avuto problemi. Ci spostavamo sia con il tram sia con la nostra indistruttibile Twingo color ciliegia, che non ci ha mai lasciate per strada. A volte, a fine serata, trovavamo qualche ubriaco sdraiato sul cofano, ma niente di più. Suonavamo il clacson, gli davamo un colpo sulla spalla, si riprendeva, e ce ne andavamo a casa tranquille».
C – «Una volta, però, davanti al Parco delle Basiliche un tipo ci ha distrutto la fiancata e siccome l’assicurazione era scaduta da qualche giorno e non l’aveva pagata, ci ha pregato di non denunciarlo e di retrodatare l’incidente».
Che avete fatto?
F – «E che dovevamo fare? Il cretino si è messo piangere…».
Da milanesi di Milano socializzavate con quelli che venivano da fuori?
C – «All’università, sì. Al liceo, invece, non ci si allargava più di tanto. I milanesi, si sa, sono un po’ chiusi».
F – «Chiusissimi, direi. Ai tempi del liceo bisognava appartenere a un gruppo, altrimenti eri fuori. All’università, invece, essendo tutto più grande si stava con chiunque. Ed era anche molto divertente e interessante. Mio marito è un medico barese, per intenderci».
C – «I gruppi erano molto più grandi, c’era di tutto: conoscevamo ragazzi che dividevano appartamenti presi in affitto dove spesso si andava per stare insieme. Noi due, poi, eravamo iscritte alla Bicocca ma andavamo a studiare negli spazi della Biblioteca Centrale della Statale e lì c’era l’Italia intera, anche quella che frequentava la Bocconi e in teoria non sarebbe nemmeno dovuta entrare. Sia chiaro, per ricambiare anche noi ogni tanto andavamo al Pensionato Bocconi a fare un po’ di casino».
Il brutto di Milano?
C – «Adesso, rimanere in città sabato e domenica. Da giovani c’era sempre qualcosa da fare, quindi nessuno si muoveva. Con i figli, invece, nel week end a Milano non ci puoi più stare: che fai?».
F – «Il brutto si sa: i nevrotici, il traffico, lo smog… Io parlerei del bello, per una volta. Come posizione, per esempio, è fantastica: in due ore puoi andare ovunque. Mio marito a Bari aveva il mare sotto casa, ma poi alla fine per fare le cose come si deve, è venuto a vivere a Milano. Qui, in fondo, non ci sarà tutto, ma c’è tantissimo. Soprattutto c’è la possibilità di realizzare i propri sogni. Non a caso, anche quelli che all’inizio sembrano inconciliabili, alla fine si mescolano con i milanesi».
C – «È vero. Noi frequentiamo tantissime persone che non sono di Milano. Anzi, spesso sono l’unica milanese su dodici-quattordici di un gruppo. Aiuto, ormai siamo minoranza… Uè! Scherzo, mi raccomando: i terroni sono permalosi…».
Caratteristiche principali di quelli che vengono da fuori?
F – «Sono sicuramente abituati a lottare con il coltello fra i denti e hanno una tale voglia di fare che qui spiccano per lucidità e concretezza, arrivando quasi sempre all’obiettivo. Insomma, ce la fanno».
C – «Sono onesta: quelli che sono nati e cresciuti qui sono un po’ più seduti e tranquilli. Non hanno gli occhi della tigre degli altri, che non hanno pregiudizi, non si fanno mai problemi, frequentano tutti. Chi è di Milano è più inquadrato, conosce certi posti, altri li evita. A loro non frega niente di niente, si buttano nella mischia e via».
L’identikit del milanese di oggi, invece, qual è?
C – «Per iniziare: isterico, frenetico, stressato…».
F – «Tutti sempre a dire “Devo andare, scusa…”, “Sono incasinatissimo, non ce la faccio a venire…”, “Non posso parlare, ti dico domani…”. Tutti corrono aspettando la pausa del week end, è un delirio. Ma si può?».
Andreste a vivere altrove?
C – «Io sì. Certe cose, i rapporti con gli adulti quando hai i bambini sono più facili da instaurare, si fa amicizia anche grazie a loro. Però andrei all’estero. In Italia dove potrei trasferirmi? Roma è bellissima, ma una cosa è starci un week end, da turista, un‘altra è viverci. Non ti caga nessuno. E gli spostamenti sono un incubo. Idem a Firenze, dove – se vieni da fuori – non ti calcolano proprio. Si diventa trasparenti».
F – «Io no. Forse mio marito sì. Andare via da Milano mi peserebbe, lo ammetto. Qui si sta bene. C’è un tale ricambio, la gente è così abituata agli altri, che per me – in Italia – questo è il posto migliore dove stare».
Che cosa bisogna capire di questa città per godersela davvero?
F – «Soprattutto una cosa: trovare il modo per far parte di un gruppo di gente che poi ti porterà a conoscerne altra. Non è facile, ma è tutto qui».
Un posto del cuore in città?
F – «Corso Magenta, Santa Maria delle Grazie…».
C – «Il vecchio Bar Rattazzo, il Caffè Roma, il bar in piazza sant’Alessandro…».
Porta Nuova vi piace?
F – «Per niente. Mi sembra Dubai, che schifo… Quei grattacieli lì, ma che roba è?».
C – «Il Bosco Verticale sarà anche bello, per me non lo è, ma nei primi piani ci guardi dentro dalla strada. Siete fuori? Spendere tutti quei soldi per vivere in vetrina con la gente che controlla a che ora butti la pasta? Ma dai…».

* Battutacce feroci su colleghi, ovviamente, che – come tutti sanno – non si possono riportare. Purtroppo.

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