Respinto il ricorso dell’azienda, e il Tar conferma la sentenza, l’impianto Wte di Quinzano deve restare chiuso.
L’impianto dell’azienda bresciana Wte, sita a Quinzano D’Oglio, che si occupava del ritiro di scarti liquidi, non può riaprire. Lo ha ribadito il Consiglio di Stato con la conferma della sentenza emessa dal Tar.
Il tribunale amministrativo regionale, lo scorso anno, aveva respinto il ricorso fatto dalla ditta rispetto alla revoca dell’autorizzazione ambientale necessaria per svolgere l’attività.
La Wte aveva, infatti, impugnato la revoca dell’Aia, Autorizzazione integrata ambientale, e l’ordine di dismissione disposti per tutti e tre i suoi stabilimenti situati nella Bassa Bresciana.
Entro la fine di quest’anno il Consiglio di Stato dovrà quindi pronunciarsi ancora due volte, per gli impianti di Calcinato e di Calvisano.
Il 15 novembre, invece, è la data in cu vi sarà l’udienza preliminare in tribunale. La questione amministrativa giudiziaria a carico della Wte è in atto dal 24 maggio 2021, quando nell’ambito di un’inchiesta, i carabinieri forestali hanno eseguito delle indagini presso i diti dell’azienda.
L’ipotesi di reato riguardava il possibile spargimento sul terreno di fango contaminato, avvenuto tra il 2018 ed il 2021. Centinaia di migliaia di tonnellate di scarti contaminati di sostanze inquinanti, sparsi su 3mila ettari di campi a Cremona e nel Nord Italia.
Durante le indagini gli inquirenti sequestrarono i tre capannoni in provincia di Brescia, a Calcinato, Calvisano e Quinzano d’Oglio. Come possibili responsabili, le autorità hanno individuato una quindicina di persone.
Tra queste il titolare della Wte, Giuseppe Giustacchini. Inoltre, figurano anche collaboratori e contoterzisti. Nel mirino dell’inchiesta altre 7 aziende, di cui 6 hanno sede legale a Brescia ed una invece a Castelvisconti.
Quest’ultima ha come rappresentante Vittorio Balestreri, un imprenditore cremonese di 44 anni, che è anche amministratore di una delle altre imprese che lavorano per conto terzi e che è coinvolta nell’indagine bresciana.
L’accusa nei suoi confronti è di avere prestato collaborazione, organizzando il trasporto di rifiuti contaminati, che sarebbero poi finiti sui terreni. Per i vari imputati le ipotesi di reato variano a seconda del ruolo avuto all’interno dell’organizzazione.
Dal traffico illegale alla gestione di rifiuti non autorizzata, fino allo spargimento di sostanze tossiche. Queste accuse, frutto delle indagini portate avanti dalla sezione forestale dei Carabinieri nel 2021, evidenziarono le inadempienze dell’azienda rispetto agli obblighi imposti nell’Aia.
Si tratta del provvedimento con il quale l’autorità competente permette l’esercizio di installazioni in base a determinate condizioni. Per questo la Provincia intervenne per revocare l’Aia.
Il sindaco di Quinzano d’Oglio, Lorenzo Olivari, si è detto molto soddisfatto di questo risultato che evidenzia il trionfo della legalità. Inoltre l’ambiente e la salute pubblica sono stati giustamente messi al primo posto.
La sentenza di due giorni fa ha messo fine a quest’attività sul territorio bresciano visto la mancanza dell’autorizzazione necessaria. I motivi della conferma della decisione presa dal Tar sono tecnici.
L’avvocato Paolo Centore, legale del Comune, ha chiarito fin dall’inizio che la Wte non poteva nemmeno proporre un ricorso davanti al Tar, per espressa norma del Codice Antimafia.
Nel decreto legislativo n. 159/2011, è chiaro che quando vi è in sequestro di azienda da parte di un giudice penale, qualsiasi iniziativa giudiziaria, deve essere necessariamente autorizzata.
Compresi dunque i ricorsi dinanzi al Tribunale regionale amministrativo. Nel caso in questione l’amministratore unico della società non ha avuto alcuna autorizzazione per agire, da parte del Tribunale di Brescia.
Anzi, al contrario, lo stesso giudice, in data 13 ottobre 2021, aveva espressamente rigettato la richiesta della Wte per avere impugnato la revoca dell’autorizzazione ambientale dinanzi al Tar.