L’omicidio di Floriana Floris è arrivato alla conclusione, il suo compagno ha confessato la follia di un momento
Il 7 giugno scorso moriva, uccisa a coltellate, Floriana Floris, una donna di 49 anni originaria di Milano. Viveva da poco nel paesino di Incisa Scapaccino insieme al compagno Paolo Riccone. Avevano vissuto in diverse città italiane, poi avevano deciso di ritornare nel paesino dell’Astigiano dove Riccone era nato.
Ad accorgersi che qualcosa non andava è stata la figlia di Floriana, che vive e lavora a Milano. Non sentiva la madre da qualche giorno e, preoccupata, ha chiamato i carabinieri della zona perchè verificassero. Con l’aiuto dei vigili del fuoco sono entrati nell’appartamento ed hanno trovato la coppia.
Lei, Floriana, morta da, oramai, qualche giorno, lui, Paolo, in fin di vita. Dopo aver ucciso e vegliato sul cadavere della compagna per qualche giorno, ha tentato il suicidio tagliandosi le vene e prendendo un miscuglio di farmaci e candeggina. Trasportato in ospedale, lo hanno subito trasferito in terapia intensiva dove è rimasto in coma farmacologico fino alla serata di ieri, martedì 13 giugno.
Dopo aver tentato di difendersi dicendo che aveva tentato il suicidio per disperazione avendo trovato il corpo della compagna senza vita, al risveglio dal coma ha confessato l’atroce delitto. Si, perchè Floriana è stata accoltellata per ben 30 volte. Lui, Paolo Riccone, un uomo di 57 anni, consulente economico, un uomo, all’apparenza, perbene, eppure ha ucciso.
Al risveglio dal coma ha, infatti, confessato davanti al pm Eleonora Guerra della procura di Alessandria, presenti anche il suo avvocato, Federica Falco, al tenente colonnello Vittorio Balbo e al tenente Armando Laviola. Si chiude così la triste vicenda di un altro femminicidio. I carabinieri, dopo tutti i rilievi e le indagini svolte, non hanno dubbi che i fatti si siano realmente svolti in questo modo.
Per il momento Riccone rimarrà in ospedale piantonato. Il suo avvocato chiederà una visita psichiatrica per capire se, in quel momento, Riccone fosse in grado di intendere e di volere. Con le sue parole: è stato un raptus, il fascicolo aperto contro ignoti adesso è un’accusa di omicidio aggravato nei confronti di Riccone.
Il ritorno nel piccolo paesino di nascita era dovuto alla necessità di accudire il padre malato di tumore e deceduto agli inizi di maggio di quest’anno. A questo punto sta alla procura decidere come portare avanti il procedimento. Non rimane che aspettare lo svolgimento del processo.