Niente pensione per coloro che sono in possesso di più di 27 anni di contributi: le novità sulla misura pensionistica.
Novità per quanto riguarda le pensioni anticipate contributive. Il 2023 è praticamente qui, ed è l’anno in cui sarà consentita la pensione a partire dai 64 anni di età. Si tratta di una misura che presenta alcuni limiti come l’importo sotto il quale un lavoratore non potrà accedere alla pensione.
Ciò che emerge maggiormente è un’anomalia in particolare di questo sistema previdenziale. Infatti, ciò che lascia un po’ più perplessi, è che più sono gli anni di contributi maturati meno sarà la probabilità di poter usufruire di questo nuovo sistema pensionistico.
Pensione anticipata contributiva: di cosa si tratta
La pensione anticipata contributiva coinvolge i lavoratori che abbiano versato il primo contributo (a qualunque titolo) a partire dal primo gennaio dell’anno 1996. Tutti coloro che hanno versato contributi prima del 1996 non potranno accedere a questa misura pensionistica. L’età minima per accedere al sistema è di 64 anni, i contributi devono essere almeno pari a venti anni.
Il 31 dicembre di quest’anno cesserà di esistere la Quota 102 (a meno che non ci siano ulteriori proroghe del governo), e con essa non ci sarà più la possibilità di andare in pensione a 64 anni per tutti i retributivi. La Quota 102 infatti era valida anche per chi avesse versato 38 anni di contributi. La pensione anticipata non sarà accessibile per molti lavoratori che come unica “colpa” hanno alle spalle più di ventisette anni di lavoro.
Chi ne gioverà
Il vantaggio è tutto di chi non possiede una carriera nel retributivo: gli sarà concesso di andare in pensione all’età di sessantaquattro anni. L’anno prossimo potranno andare in pensione coloro che sono nati nel 1959. La condizione, come già detto, è il non aver versato contributi prima dell’anno 1996. Quel che ne emerge è che chiunque abbia avviato una carriera lavorativa prima dei 37 anni di età verrà escluso da questa misura. Essere in possesso di 27 anni di contributi significa non poter rispettare l’anzianità contributiva necessaria.
Una misura che andrà a vantaggio di una minima fetta di popolazione italiana. Tutta a vantaggio dei pochi che rientrano in questi rigidi requisiti. Coloro che hanno lavorato moltissimi anni provvedendo a versare contributi per la propria vecchiaia non avranno questa possibilità. Si tratta di una delle solite anomalie che si presentano molto spesso in questi sistemi pensionistici, quasi un paradosso.