L’arresto di un uomo d’affari nel Milanese: si è provveduto a fermare l’uomo, poiché sembra aver prosciugato un’impresa. Tutto quello che c’è da sapere a tal proposito. I dettagli di un caso che ha trovato risoluzione grazie alla sinergia e al lavoro di persone competenti e che credono in quello che fanno.
Un’indagine cominciata tramite la GDF della città di Varese, ha portato al fermo di quest’impresario per la sua azione illecita nei confronti di una società che si occupa di nanotecnologie. Una ditta di nanotecnologie è stata totalmente svuotata e ora si ritrova in una condizione di bancarotta, a causa di un industriale lombardo che adesso è stato arrestato. Cosa è accaduto? I dettagli qui di seguito.
Come accennato poco fa si parla dell’arresto di un uomo nel milanese. Per quale motivo?
Le componenti della Guardia di Finanza di Varese hanno scoperto il fallimento di una società posta esattamente in località Besnate. Per la precisione si tratta di una ditta che si dedica al settore della nanotecnologia. Le guardie si sono accorte, in seguito a delle indagini, che si trattava di una condizione di bancarotta svuotata.
L’evolversi di queste loro indagini, tra l’altro, ha portato al fermo e all’arresto di un imprenditore della Lombardia.
Difatti i militari appartenenti al Comando provinciale hanno deciso di eseguire un’ordinanza, correlata alla custodia cautelare dell’industriale riguardante i domiciliari.
Un’ordinanza attuata col permesso del gip di Busto Arsizio e che coinvolge precisamente un impresario lombardo.
Tale arresto è stato stabilito infatti in seguito al crac che si è verificato in una società attiva, inerente delle progettazioni operanti in ambito energetico e in nanotecnologie. Un’impresa presente nella provincia di Varese, visto che la sua sede si trova a Besnate.
In più si fa riferimento a un passivo appurato dal curatore fallimentare che corrisponde approssimativamente a 2,8 milioni di euro. Da tener presente che gran parte di questa cifra riguarda i debiti con l’erario equivalenti a 1,8 milioni.
Come anticipato poc’anzi, l’azienda in bancarotta aveva un quantitativo di debiti corrispondenti a 2,8 milioni di euro. Una tipologia di dissesti che del resto concernevano prettamente l’erario equivalente a 1,8 milioni.
Ecco perché poi sono scattate le attività di indagine coordinate dagli investigatori. Questi ultimi, infatti, hanno cominciato il loro lavoro per indagare e correlatamente ricostruire tutto quello che era accaduto alla ditta. Un procedimento che ha quindi portato a capire le motivazioni che hanno poi portato la società al fallimento aziendale.
Un lavoro certosino svolto in modo eccellente dal nucleo di polizia del settore economico e finanziario presente nella città di Varese.
Per merito dei loro accertamenti, i pezzi mancanti del puzzle si son man mano andati a incastrare uno con l’altro, portando sempre più a una raffigurazione completa degli avvenimenti successi alla società lombarda.
Pertanto la polizia ha capito tutti i procedimenti eseguiti per riuscire a svuotare totalmente l’impresa. Una serie di operazioni fatte per l’esattezza e primariamente da colui che ricopriva il ruolo di amministratore di diritto della società.
Ma questa è stata solo una delle figure che si sono rese protagoniste di tale impresa ai danni dell’azienda.
Ciò in quanto i militari hanno compreso che l’uomo aveva ricevuto il supporto da parte di un complice, ovvero un altro impresario considerato come il gestore di fatto dell’azienda.
È stato proprio quest’ultimo a ricevere il provvedimento citato inizialmente.
Da tutto ciò che si è spiegato fino a ora, si è capito che la Guardia di Finanza ha constatato un completo svuotamento del patrimonio appartenente alla società fallita.
In più nel corso delle loro indagini i carabinieri sono giunti alla conclusione che l’imprenditore, per eseguire l’intervento di prosciugamento dei conti aziendali, avrebbe anche effettuato una particolare vendita.
In questo caso le Fiamme Gialle hanno visto che l’arrestato ha fatto delle operazioni specifiche, per poter così vendere un brevetto collegato a delle lampade di genere fotovoltaico. Un brevetto unito anche a un contratto di licenza associato a una nanotecnologia.
Tale attestato è stato ceduto in vendita a un’altra impresa che riconduceva sempre alle persone sottoposte all’indagine.
Tutto questo senza incassare il corrispettivo equivalente alla cifra di 500mila euro.
Durante gli accertamenti da parte della polizia si sono verificate svariate perquisizioni, attuate nelle ditte che erano strettamente collegate con i sue uomini indagati.
Stiamo parlando difatti dei due industriali che hanno deciso di imbrogliare illegalmente la società, con metodi e azioni che il giudice ha descritto come spregiudicate oltre che di tipo predatorio.
Il gestore di fatto della ditta ha agito personalmente per l’esecuzione del piano di svuotamento del patrimonio societario. Ma l’aiuto che ha ricevuto dall’amministratore di diritto dell’attività è stato indubbiamente incisivo e importantissimo. Ciò in quanto proprio grazie alle operazioni che hanno fatto entrambi gli industriali in complicità l’uno con l’altro, si è giunti al pieno successo di questi loro movimenti illeciti.
Dunque dopo la scoperta da parte degli inquirenti, le loro azioni sono state scoperte e provate a tal punto, da decidere per l’arresto di colui che aveva in mano la gestione di fatto della società.
Sulla base di quanto detto sinora, si evince come grazie alla collaborazione di varie figure si sia arrivati all’arresto. E non solo. Questo significa che si è arrivati anche alla risoluzione di un caso complesso. Grazie alla polizia, ai suoi accertamenti e alla Guardia di finanza si è provveduto a fermare l’uomo e per delle specifiche motivazioni che si sono spiegate nel dettaglio, nel corso dell’articolo.
Questa è la conferma che anche un caso di questo calibro può trovare una risoluzione se si lavora con impegno, intuito e soprattutto insieme. Un caso che ha visto l’arresto dell’uomo nel milanese,