Concluso il processo a carico di Lucia Finetti accusata di omicidio volontario per avere ucciso il marito con 14 coltellate
Il giudice ha confermato l’accusa di omicidio volontario con una sentenza di condanna. La morte della vittima è avvenuta a causa di 14 coltellate inflitte dalla moglie, Lucia Finetti. Roberto Iannello, 55 anni, cassiere di un supermercato, ha concluso così la sua vita il 12 giugno di due anni fa, in via Amantea angolo via Quinto Romano, zona Baggio in provincia di Milano.
La polizia lo ha trovato ormai in fin di vita, vicino alla sua auto, una Seat Marbella, colpito da quattro coltellate alla gola, due delle quali letali. La moglie, invece, era ad alcune centinaia di metri dal luogo del crimine con una profonda ferita alla mano, e gli abiti sporchi di sangue.
Dopo l’arresto, l’accusata ha rilasciato alcune dichiarazioni sull’accaduto durante l’interrogatorio davanti al giudice per le indagini preliminari. La donna aveva dichiarato di non ricordare nulla a causa dello shock. Affermava la sua innocenza, ma nel caso avesse davvero fatto qualcosa era stato per legittima difesa. Il marito, infatti, era furibondo per problemi di denaro.
Lei dunque, a suo dire, ha solo cercato di difendersi, I due si stavano separando, ma quel giorno si erano incontrati per un’ultima lezione di guida. Lui la stava aiutando ad acquisire dimestichezza con l’automobile e poi si sarebbero definitivamente lasciati. Secondo l’accusa, il movente, però, non riguardava solo i soldi.
Lucia Finetti era ancora molto gelosa del marito. Il pubblico ministero ha sostenuto anche la presenza di aggravanti quali la premeditazione e l’uccisione del coniuge. La difesa, invece, durante l’udienza preliminare ha richiesto al giudice Fabrizio Filice, di fare cadere la premeditazione.
Inoltre, di riqualificare l’eccesso di colpa in legittima difesa. Nel primo caso, infatti, l’assistita avrebbe superato i limiti di una causa di giustificazione, nel secondo invece avrebbe agito per difendere la sua stessa vita. Due prospettive molto diverse tra loro. Il tentativo dell’avvocato è comunque stato vano.
Il Gup, infatti, non l’ha accolto.. Per quanto riguarda invece le aggravanti la Corte ha respinto la premeditazione, mentre ha accettato quella del vincolo coniugale. Il processo si è svolto davanti alla Corte di Assise di Milano, nel quale si sono costituite parti civili il padre della vittima, assistito dall’avvocato Marco Sciacqua, e la cugina, rappresentata dal legale Niccolò Sterlicchio.
I giudici hanno poi richiesto la perizia psichiatrica per capire se l’omicida era capace di intendere e volere e dunque se fosse imputabile per l’accaduto. Gli esami hanno dato esito positivo. Il pubblico ministero di Milano, Francesca Gentilini, ha chiesto la condanna all’ergastolo per l’omicidio volontario aggravato avvenuto il 12 giugno del 2021.
Mentre la difesa ha puntato sulla richiesta dell’assoluzione invocando la discriminante della legittima difesa. In questo caso, infatti, il fatto non costituisce reato in quanto l’accusata avrebbe reagito per proteggersi in seguito al tentativo di aggressione del marito. In subordine l’avvocato difensore ha chiesto l’assoluzione per la non imputabilità.
Mentre la donna colpiva ripetutamente il coniuge, era in uno stato temporaneo di vizio di mente. Alla fine dei dibattiti la Corte, presieduta dal giudice Ilio Mannocchi Pacini, aveva rimandato il procedimento al 23 maggio per la conclusione. Ieri, dunque, è stata emessa la sentenza definitiva.
I giudici hanno accolto l’aggravante del delitto commesso contro il coniuge ma non quella di premeditazione. La pena decisa è l’ergastolo per omicidio volontario aggravato a carico di Lucia Finetti. Tra 90 giorni la cancelleria depositerà le motivazioni della sentenza.