Ha fatto il giro d’Italia la storia del piccolo Enea, il neonato lasciato in ospedale nella Culla per la vita della clinica Mangiagalli. Un’altra donna ha portato la sua piccola presso l’ospedale Buzzi nella speranza di darle un futuro migliore
La scorsa domenica 9 aprile, giorno di Pasqua, una donna ha lasciato il proprio bambino appena nato presso la Culla per la vita della clinica Mangiagalli. Si tratta di un sistema che permette di affidare i neonati agli ospedali da parte di genitori in difficoltà che ritengono di non avere i mezzi per poterne prendersene cura, tutto nel totale rispetto della sicurezza dei piccoli e della privacy di chi rinuncia.
Il bambino in questione pesa 2,6 chili, è in buona salute. Accanto a lui è stata trovata una lettera in cui la madre, con affetto, spiega di avergli dato il nome di Enea. “Mi ama ma non può occuparsi di me”, c’è scritto come se fosse il piccolo stesso a parlare. Da quanto si apprende dall’Ansa, il neonato è già stato preso in affido da una famiglia che si era già resa disponibile ed è stata giudicata idonea dal tribunale.
Milano, Culla per la vita: lasciato un altro neonato
A pochi giorni dal triste abbandono di Enea, è emerso che un secondo neonato sarebbe stato lasciato nella Culla per la vita presso l’ospedale Buzzi, sempre nel capoluogo lombardo. Stavolta si tratta di una femminuccia. La madre è una donna italiana senza fissa dimora di circa 40 anni di età. Ha dato alla luce la piccola in un capannone in disuso in via Giovanni Barrella, in zona Quarto Oggiaro. La neonata non ha ricevuto un nome; è nata intorno alle ore 10 di mercoledì 12 aprile.
La stessa madre, dopo aver partorito, ha richiesto l’intervento degli operatori dell‘Agenzia regionale emergenza urgenza (Areu). É stata trasportata in ambulanza al pronto soccorso dell’ospedale Buzzi. Ha esplicitamente voluto rimanere nell’anonimato. Tuttavia, consapevole di non essere in grado di riuscire a prendersi cura della bambina, ha scelto per lei di darle la possibilità di avere un futuro migliore, anche se lontano da lei. La neonata è stata posta per il momento in una termoculla per stabilizzare la temperatura corporea.
Come funziona la culla per la vita
La legge italiana stabilisce che la donna ha dieci giorni di tempo per ripensarci, trascorsi i quali la procura prenderà carico affinché possa essere adottata.
Ezio Belleri, direttore generale del Policlinico di Milano, ha spiegato che il servizio della Culla per la vita è un servizio attivo già da tempo ma che in pochi conoscono. Quella di rinunciare al proprio bambino è una decisione tragica per i genitori, tuttavia sapranno che verrà accolto in una struttura che gli garantirà ogni cura possibile.
La Culla per la vita del Policlinico di Milano, ad esempio, è in funzione da ben 16 anni. Il caso del piccolo Enea è il terzo registrato. I due precedenti risalgono al 2012 e al 2016. Anche in quelle circostanze si trattava di due maschietti a cui è stato dato rispettivamente il nome di Mario e Giovanni.