Michela Murgia è stata ricordata dopo la scomparsa avvenuta venerdì scorso a 51 anni, con un murales variopinto realizzato con tutti i colori dell’arcobaleno.
Milano, l’ha voluta ricordare attraverso l’opera sull’alzaia Naviglio Grande dell’artista Cristina Donati Mayer, che è diventata un’omaggio all’intellettuale e scrittrice morta a causa di un terribile tumore al rene.
Il murales recita “Vogliamo piacerci, non compiacervi, A Michela Murgia” che è stata raffigurata sorridente, tutta vestita di verde, con un turbante in testa ed un libro in mano.
Ecco le ultime parole di Michela Murgia prima del decesso
Prima di morire Michela Murgia aveva rilasciato un’intervista al Corriere della Sera, dove aveva dichiarato: “Il cancro non è una cosa che ho; è una cosa che sono. Gli organismi monocellulari non scrivono romanzi, non imparano le lingue, non studiano il coreano”. Giunta ad uno stadio terminale, aveva affermato “Il cancro è un complice della mia complessità, non un nemico da distruggere. Non posso e non voglio fare guerra al mio corpo, a me stessa. Il tumore è uno dei prezzi che puoi pagare per essere speciale. Non lo chiamerei mai il maledetto, o l’alieno”.
Parlando del vissuto personale aveva dichiarato che quello di ciascuno di noi oggi è più politico che mai. Se la scrittrice avesse potuto farlo, avrebbe voluto lasciare un’eredità simbolica, ovvero un nuovo modello di relazione.
Chi era Michela Murgia e cosa aveva dichiarato a proposito del matrimonio
Michela Murgia era una femminista convinta. Ha vissuto gli ultimi anni all’interno della famiglia queer che amava definire “un nucleo familiare atipico, all’interno del quale le relazioni contano più dei ruoli. La donna si era recentemente unita in matrimonio con Lorenzo Terenzi, che faceva parte della sua famiglia alternativa. Aveva quattro “figli d’anima”, amici, colleghi che le sono rimasti accanto fino alla fine della sua vita.
A proposito del matrimonio aveva anche affermato: “Sposo un uomo, ma poteva essere una donna: nel prenderci cura gli uni degli altri non abbiamo mai fatto questione di genere”. L”autrice di Accabadora dopo le nozze in articulo mortis aveva peraltro affermato: “Lo abbiamo fatto controvoglia”. Poi aveva spiegato che se avessero avuto a disposizione un altro modo per garantirsi tutti i diritti a vicenda non avrebbero mai ceduto ad uno strumento simile: patriarcale e limitato. Secondo il suo punto di vista, molto radicale, il matrimonio riduce tutto alla rappresentazione di una coppia più ricca e forte soltanto perché composta da due persone.