Conduttore radiofonico e televisivo, autore di programmi, imitatore, fonico, dj, attore, testimonial pubblicitario, maratoneta… Da quando ha lasciato Metanopoli – frazione di San Donato Milanese a dieci chilometri da Milano – Nicola Savino ha fatto parecchia strada. Nato 47 anni fa a Lucca (i genitori si trovavano lì per motivi di lavoro), moglie e figlia di 10, adesso è alle prese con Quelli che il calcio su Raidue e Deejay chiama Italia su Radio Deejay. In questa intervista racconta dove è cresciuto, le domeniche a San Siro, le giostre delle Varesine, il jogging in città, Milano come New York…
Trascrizione videointervista a NICOLA SAVINO
Questo è il mercato comunale di Wagner, un posto meraviglioso, uno degli ultimi in città dove ci sono ancora le botteghe singole.
L’INFANZIA A METANOPOLI
Mio papà era di Foggia, studiava a Napoli. Anche mia mamma studiava a Napoli, era di Cosenza. Si sono conosciuti lì. Mia mamma studiava farmacia, mio padre ingegneria. Poi lui è stato chiamato a Metanopoli perché c’era l’Eni, c’era l’Italia da fare. Crescere a Metanopoli è stato molto bello. un esperimento sociale perché è un quartiere fatto tutto di figli di dipendenti dell’Eni che all’epoca erano soprattutto ingegneri, geologi… non esistevano i ricchi, ma non esistevano nemmeno i poveri. erano tutti mediamente colti, non posso dire intellettuali ma diciamo che almeno azzeccavano i congiuntivi.
LA LEZIONE DI SAN SIRO
Mi sono accorto che non eravamo tutti così quando, per passione calcistica, sono andato per le prime volte da solo allo stadio, in curva, dove ho capito che il mondo non era fatto tutto da figli di ingegneri e geologi. Però mi è servito tantissimo.
LA GIUNGLA
Milano vista da Metanopoli era come una bella Giungla, era tosta. Lì (a Metanopoli) la realtà era un po’ filtrata.
IL PONTE DI DALLA
Come diceva Lucio Dalla “Milano vicino all’Europa”, è assolutamente quella più ponte verso l’Europa, è la più sveglia, la più internazionale.
MILANO PICCOLA MELA
È indubbiamente la nostra New York, dà opportunità. Se uno viene a Milano e ha voglia di fare, sicuramente fa. Io ho cominciato giovanissimo, essendo grande appassionato di radio, che erano tutte a Milano. Se non fossi cresciuto a Milano e dintorni non avrei fatto assolutamente tutto quello che ho fatto. In quanto stanziale, io non sono uno che viaggia molto, mi sarei accontentato di una piccola realtà di provincia. Fossi stato, che so, di Terni, sarei rimasto a Terni.
IL BRUTTO DI MILANO
Una certa spietatezza, una certa fretta… il milanese beve il caffè in piedi come fanno tutti ma lui lo fa più velocemente. È molto aggressivo…
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Il BELLO DI MILANO
“Gha ‘l cor in man…”, perché è una città che accoglie, che sa anche deridere, come qui al mercato: “Uè terùn, ué maruchìn…”, è così. Però dà opportunità a chi ha voglia di fare evidentemente non si guarda razza, colore, religione. “L’è un brav fijol, l’è minga un brav fijol”. Questo.
IL QUARTIERE DI PORTA NUOVA
All’inizio mi ha fatto profondamente arrabbiare perché è sorto sul luna park delle Varesine, quindi sulla mia infanzia e adolescenza. All’inizio l’ho preso proprio come “Hanno ucciso l’uomo ragno…”. Adesso invece quando ci passo, mi capita di passeggiarci mi piace molto, mi dà spunti newyorkesi.
LA MIA MILANO
A me di Milano piace molto una parte che credo di poter definire medievale che sta tra via Torino e corso Magenta, un dedalo di piccole vie dove c’è anche piazza Mentana, senza marciapiede, piccole vie, con il pavé per terra, con le piccole gobbe antivelocità, sono stupende. Sognando una bella casa sognerei lì una casa. non c’è verde, almeno fuori, ma è molto affascinante. Lì il cielo grigio non è un problema.
JOGGING AL DUOMO
Piazza del Duomo è fantastica, quando ci passo mi si apre il cuore. Una delle cose che preferisco fare, soprattutto d’estate, è uscire la mattina presto da casa, verso le sei, e andare a correre: partire da questa zona, da Washington, e andare in centro, correre per il Castello, via Dante, corso Vittorio Emanuele, passare dal Duomo, il quadrilatero della moda. Tutto di corsa e poi torno a casa. È una cosa meravigliosa.
MILANO DA CAMBIARE
Secondo me ci vuole un pochino più di educazione stradale, quindi imparare come abbiamo messo il caso e le cinture a fermarci sulle strisce pedonali. Non si può più vedere questo duello, questa sfida all’ok corall il pedone che guarda l’automobilista, e viceversa. Non è pensabile a Chiasso, a Mentone, in Slovenia, in Austria, non si capisce perché come si valica il confine si comincia a fare così.