Peste suina nel Pavese, il primo caso. Colpito un allevamento a conduzione familiare presente nella regione lombarda. Ora le indagini sono in corso, ma per il momento si esclude il contagio tramite i cinghiali.
Nel corso della giornata del 19 agosto si è saputo del caso di positività, in riferimento alla peste suina. Un accadimento segnalato all’interno di un’azienda agricola posizionata a Montebello della Battaglia.
Peste suina nel Pavese: cosa è accaduto
Un allevamento di maiali che si trova all’interno della zona di restrizione, per quanto concerne l’area della provincia di Pavia, ora si trova sotto i riflettori a causa del primo caso riguardante questa malattia che colpisce i suini.
Nella mattinata del 20 agosto si è dunque verificata una riunione della cabina di regia, con la partecipazione dei diversi Assessorati e di Vincenzo Caputo che ricopre il ruolo di Commissario Straordinario alla peste suina di tipo africano.
Inoltre hanno partecipato pure le Direzioni appartenenti a Welfare e l’Agricoltura della Regione Lombardia.
Le ricognizioni sono state eseguite in quanto il proprietario della struttura, composta da un allevamento alquanto contenuto di maiali da ingrasso, ha iniziato a nutrire dei sospetti per l’incremento dei decessi di suini.
Nella sua azienda ci sono esattamente 160 animali e collegato alla sua azienda c’è anche il macello aziendale.
I suoi timori sono aumentati quando ha invitato i suoi suini a uscire dalla stalla, come faceva abitualmente, ma notando che alcuni rimanevano fermi al suo interno.
Tra l’altro non si muovevano neanche, ecco perché poi il proprietario ha percepito che c’era qualcosa che non andava per il verso giusto.
Da lì poi si è verificato un susseguirsi di valutazioni e di conferme, che hanno portato il proprietario dell’azienda Maurizio Allegrini a confermare il caso di peste suina nella sua ditta.
Peste suina nel Pavese: il caso nella provincia di Pavia
Tra i 160 suini appartenenti ad Allegri, alcuni hanno mostrato i sintomi appartenenti proprio al virus della peste che va a colpire questa tipologia di animali.
Si tratta esattamente del primo caso che si è verificato in un allevamento posto nella regione della Lombardia.
Nel momento in cui ci si è resi conto della situazione alquanto preoccupante, perché molto rischiosa per via del contagio, i capi che non erano già morti a causa delle conseguenze derivanti da tale virus, sono stati prontamente abbattuti nella giornata del 20 agosto.
Una volta effettuato questo passo moto difficile ma allo stesso tempo doveroso, considerando le circostanze, adesso toccherà ai tecnici del settore il fatto di capire da che parte sia giunto il contagio.
Si tratta di un aspetto fondamentale, per poter così evitare ulteriori avvenimenti del genere.
Un’ipotesi nel frattempo già è stata fatta, visto che si è parlato inizialmente del mangime.
Ma questa è soltanto una delle possibilità che si stanno mettendo in conto, visto che sono ancora tutte da accertare.
C’è da sottolineare che le stalle dell’allevamento nel Pavese erano tutelate mediante delle apposite reti, posizionate lì per impedire così l’accesso ai cinghiali.
Pertanto è per tale motivo che si esclude che possa essere stato uno di questi animali selvatici a fare da veicolo di trasmissione del virus.
Un punto essenziale che bisogna considerare è che, per quanto concerne la peste suina africana, ha una mortalità considerevole soprattutto in animali come i cinghiali e i suini.
Come pure è rilevante tener presente che, allo stesso tempo, non va a colpire l’uomo neanche ad esempio se mangia della carne infetta.
Questo è ciò che ha voluto chiarire Ats Pavia, così da rassicurare la cittadinanza.
Lo svolgimento delle indagini
In seguito alla temibile scoperta nel Pavese, si è provveduto a eseguire un’indagine di genere epidemiologica. Quest’ultima è stata eseguita dal personale del Dipartimento Veterinario che si trova nella città di Pavia e che riguarda Ats.
Inoltre a tali controlli hanno aderito anche gli appartenenti all’Unità Operativa della Lombardia e correlata ai veterinari.
Infine si sono uniti anche i dipendenti dell’Istituto Zooprofilattico, per cercare tutti insieme di svolgere delle indagini mirate e in maniera assolutamente valida e approfondita.
Loro per primi, dunque, hanno stabilito che i cinghiali non rappresentavano i responsabili di quanto accaduto nell’azienda in questione.
Allorché sono stati poi fatti degli appositi campionamenti, di grande utilità per capire se ci sia l’eventualità o meno di un contatto indiretto, tramite automezzi dell’azienda o appunto col mangime dei maiali.
Quindi successivamente si sono dovute attivare le attività di depopolamento in riferimento all’allevamento. Ciò attraverso il controllo da parte dell’Ats della città di Pavia.
Questi svolgimenti si sono poi conclusi nella giornata del 20 di agosto.
Questo riguarda indubbiamente un caso del tutto isolato, infatti non si sono evidenziati in alcun modo dei contatti pericolosi con altri allevamenti.
Intanto nei giorni seguenti si provvederà ad aumentare, precisamente nelle zone circostanti, tutte quelle attività correlate a una buona vigilanza per contenere l’arrivo dei cinghiali nella zona colpita dal virus.
Le preoccupazioni derivanti dal virus
Quando nel Pavese si è sparsa la notizia del primo contagio avvenuto nell’allevamento di Allegrini, questa storia ha ovviamente suscitato un enorme allarme tra gli allevatori dell’intera zona.
Difatti è stato proprio Stefano Lamberti, ovvero il rappresentante di Confagricoltura, a sostenere che tale virus automaticamente sta a significare il blocco di tutte le esportazioni in diversi Paesi.
Si tratta perciò di danni ingenti di svariato genere, che andranno correlatamente a colpire l’economia di questo particolare settore.
In più se questo pericoloso virus dovesse iniziare a diffondersi, logicamente i danni citati poc’anzi andrebbero ad aggravarsi ulteriormente.
Causando numerosi problemi e difficoltà ai tanti allevatori che ora vivono con questo timore.
Ecco perché si spera in una soluzione repentina e di controlli mirati, che possano così tranquillizzare coloro che lavorano in questo specifico ambito lavorativo.
Si tratta di sicuro di una condizione che non bisogna assolutamente prendere sotto gamba. Infatti, gli esperti del settore come si è detto inizialmente si sono attivati immediatamente.
Proprio per intervenire velocemente e impedire un’eventuale diffusione del virus. Ma prima si dovrà capire con certezza quale sia la vera causa di quello che è successo nell’allevamento pavese, dove è accaduto il primo caso di peste suina.