La corte ha reso note le motivazioni della sentenza per l’omicidio di Carol Maltesi, condannato a 30 anni il suo omicida
Era l’11 gennaio del 2022 quando il 44enne Davide Fontana, bancario di Rescaldina in provincia di Varese, ha ucciso la sua ex fidanzata ed amica Carol Maltesi. La ragazza aveva 26 anni e mentre i due stavano facendo delle riprese hard casalinghe, lui l’ha colpita con un martello e poi le ha tagliato la gola per non farla soffrire.
Infine, ha deciso di fare a pezzi il cadavere mettendolo poi in sacchi di plastica neri. La perizia aveva confermato che non c’ era alcun vizio di mente, per cui Fontana era perfettamente in grado di intendere e volere durante l’omicidio. Questo fu l’esito dato dalla dottoressa Mara Bertini, specializzata in Psicopatologia forense e depositato prima della discussione in Appello.
Un mese fa la Corte D’Assise ha emesso il verdetto con la condanna a 30 anni di reclusione ed ha escluso l’aggravante della crudeltà. Oggi sono disponibili le motivazioni della sentenza dalle quali emerge che l’omicida ha agito nella paura di perdere la ragazza, la quale aveva deciso di andarsene e lasciare la provincia di Varese.
Carol e il trasferimento a Verona, vicino al figlio
Voleva, infatti, vivere in parte a Verona, dove risiede il figlio di 8 anni con l’ex compagno, ed in parte nell’Est Europa. Fontana, che diceva di amare la donna follemente, si era sentito perso solo all’idea di non poterla più vedere. Grazie a lei era uscito dalla solitudine in cui versava prima di conoscerla e la sua vita era diventata gratificante.
Questo, però, era solo un aspetto secondo i giudici, che hanno anche rilevato la mancanza dell’aggravante dei motivi futili. Carol era diventata, con il tempo, molto disinibita e Fontana si era reso conto che lei si era servita di lui per i propri interessi sia personali che professionali. Questo, secondo quanto ha scritto il presidente della corte di Busto Arsizio, è stato il motivo scatenante.
Quindi Fontana non era geloso, ma sapeva di avere perso la donna che voleva accanto a sé. Inoltre, era estremamente frustrato per avere ccompreso di essere stato usato. Il crimine è avvenuto nell’abitazione della vittima ed il colpevole ha agito dopo aver consumato due rapporti con Carol.
Il corpo di Carol fatto a pezzi
Durante il processo l’accusato ha raccontato di avere conservato il cadavere per due mesi nel congelatore dopo averlo fatto a pezzi. Ci ha messo giorni per farlo e poi aveva pensato di bruciarlo, ma quando ha capito che non ci sarebbe riuscito, lo ha messo dentro a dei sacchi di plastica neri. Successivamente li ha gettati in un dirupo a Borno in provincia di Brescia.
Voleva presentarsi ai carabinieri per raccontare quello che aveva fatto e poi, mentre cercavano il corpo, tornare a casa e togliersi la vita, ma non ci è riuscito. La sua dichiarazione finale alla Corte è stata di odio nei confronti di sé stesso così come nei confronti di tutti coloro che usano violenza sulle donne. Si è dichiarato pentito e intenzionato a fare qualunque cosa per cercare di riabilitarsi. Ora si trova nel carcere di Busto Arsizio, dove era già detenuto in isolamento.