Da maggio dell’anno scorso è in carcere Rosa Fabbiano, accusata di omicidio volontario e vilipendio di cadavere
Il fatto è avvenuto un anno fa. Rosa Fabbiano, un’operaia di 59 anni residente a Melzo, ha ucciso sua madre, Lucia Cipriano di 84 anni, e ha tagliato a pezzi il corpo. La scoperta dell’atroce delitto è avvenuta a maggio dello scorso anno. La sorella maggiore di Rosa, dopo vari tentativi fatti al telefono per parlare con la mamma, decide di partire da Trento, dove risiede, per andare a Melzo.
Rosa aveva raccontato alla sorella del peggioramento delle condizioni psico-fisiche della madre. Il 12 aprile le aveva raccontato, sempre durante una telefonata intercorsa tra le due sorelle, di aver trasferito la mamma a casa sua per poterla accudire più facilmente. Quel giorno Lucia Cipriano era, molto probabilmente, già morta.
Rosa non aveva, però, convinto la sorella. Le sue chiamate si facevano sempre più insistenti e le scuse di Rosa sempre più evasive. Ad un certo punto sembrava che Lucia avesse contratto il Covid e fosse stata ricoverata nel reparto di psichiatria dell’ospedale di Melegnano. In seguito Rosa riferì alla sorella che aveva spostato la mamma in un Rsa vicino a casa sua.
La sorella, però, non convinta, decise di partire per verificare di persona quanto stava realmente succedendo. Arrivata alle porte di Milano, a Melzo, la triste scoperta. Le due sorelle si incontrarono fuori dalla casa della madre. Le finestre erano tutte spalancate e, nel momento in cui la sorella chiese di andare in bagno, Rosa la fermò.
A quel punto la confessione di Rosa e la sua richiesta di essere accompagnata in caserma. Dopo un tentativo di fuga nei campi vicino la casa, la sorella dovette chiamare il 112 e chiedere aiuto. Da qui la scoperta del cadavere fatto a pezzi nella vasca da bagno. Nessuno dei suoi famigliari si era accorto di qualcosa.
Rosa ha ucciso la madre nella vasca da bagno soffocandola con un telo di plastica. Poi l’ha fatta a pezzi con un coltello e l’ha lasciata lì. I carabinieri hanno trovato, durante la perquisizione, dei guanti in lattice, segni di bruciatura sui vestiti dell’anziana donna e, sul bordo della vasca, una lama da 30 centimetri per seghetto e una da 45 centimetri con le quali ha fatto a pezzi il cadavere.
Da maggio dell’anno scorso è rinchiusa in carcere in attesa del processo. Per lei si ipotizza un’accusa pesante: omicidio volontario e vilipendio di cadavere aggravato. Del resto è impossibile pensare che si possa trattare di una morte riconducibile a cause naturali o a un fattore accidentale.
Il gip di Milano Giulio Fanales nell’ordinanza di convalida del fermo e di applicazione della misura cautelare in carcere, ha ricondotto i motivi del fatto
“all’assoluta incapacità dimostrata dall’indagata nel sopportare il decadimento fisico e mentale altrui e, in particolare, di coloro che le sono affettivamente legati“
La prima udienza si terrà il 29 maggio davanti alla Corte d’Assise di Milano. Il gup di Milano Domenico Santoro ha accolto la richiesta di rinvio a giudizio formulata dal pm Elisa Calanducci nell’inchiesta dei carabinieri. Con queste accuse molto pesanti, la donna rischia il carcere a vita.