Siccità. Gravi rischi per il 2023 che si sta rivelando uno degli anni con un deficit di pioggia molto più pesante rispetto ai periodi precedenti. Pericoli per l’agricoltura e conseguenti rincari dei prezzi ai danni dei consumatori
Una delle conseguenze più disastrose del cambiamento climatico in corso e di cui gli ambientalisti ci informano costantemente è costituita senza dubbio dal fenomeno della siccità. Si verifica quando la quantità di precipitazioni in una determinata area è significativamente inferiore alla media storica. Com’è facilmente intuibile, la scarsità di acqua può avere gravi ripercussioni sulla produzione agricola, l’ecosistema in generale e la vita umana e animale.
La siccità è un problema globale. Per questo motivo si auspica che tutte le forze politiche mondiali attuino riforme comuni e condivise per fronteggiare i rischi climatici. I danni sono spaventosi, investendo settori interconnessi: economici, sociali e ambientali.
La siccità può avere un impatto malevolo sulla salute umana. Pensate alle conseguenze derivate dalla disidtatazione: stordimento, stato confusionale e capogiri fino a patologie più gravi e, in taluni casi, anche morte. In alcune regioni del mondo, la mancanza di acqua potabile può portare a problemi di igiene e aumentare il rischio di malattie.
Uno dei settori più colpiti è l’agricoltura. Una minor produzione a causa dell’erosione del suolo e la ridotta la fertilità del terreno si traduce in un aumento vertiginoso dei prezzi, intaccando le tasche dei consumatori, già vessate da crisi di altro genere (basti pensare alla pandemia o al conflitto internazionele tra Ucraina e Russia).
Il 2023 si sta rivelando un anno terribile in tal senso. Il deficit di pioggia è a livelli estremi, ben al di sotto della media dei periodi precedenti. Lo scorso inverno ha registrato temperature troppo elevate. Fattori come caldo, neve e mancanza di pioggia sono scatenanti del fattore di emergenza. Il Nord Italia sembra più in sofferenza rispetto alle altre aree del Paese.
Per renderci conto concretamente del problema, consideriamo il riso. L’Italia, infatti, è il primo produttore di questo cereale nell’Unione Europea. Rappresenta addirittura il 50 per cento del mercato. Le risaie sono perlopiù concentrate in tre regioni del Nord: Lombardia, Veneto e Piemonte. In questa zona negli scorsi mesi si è registrato un deficit del 40% in meno di pioggia rispetto alla media storica.
Non serve un esperto per comprendere cosa sia accaduto. La produzione nazionale ha subito un calo tra il 15 e il 30 per cento. I prezzi del prodotto sono arrivati alle stelle. Si prevede, inoltre che nel 2023 la superficie dedicata al riso sarà ridotta almeno del 4 per cento; si parla di una grandezza pari a 7mila / 8mila ettari di terreno in meno.