Svolta nell’omicidio di Laura Bigoni uccisa 30 anni fa

Riaperto il caso dell’omicidio di Laura Bigoni avvenuto una trentina di anni fa, spunta, forse, un taxi giallo.

Laura Bigoni
Laura Bigoni-Imilanesi.it

Laura Bigoni veniva uccisa il primo agosto del 1993, esattamente 30 anni fa. La vittima, una ragazza di soli 23 anni fu trovata uccisa nella casa di vacanza della famiglia a Clusone, un comune in provincia di Bergamo. Morì a causa di 9 coltellate inferte alla gola e al torace.

Un omicidio violento che è rimasto senza un colpevole troppo a lungo. Le ricerche, a quel tempo, si erano concentrate sull’allora fidanzato Jimmy Bevilacqua, un ragazzo di 24 anni e che venne arrestato per aver commesso il fatto.

Il processo in primo grado lo condannò all’ergastolo, per poi venire assolto in Appello. La stessa sentenza fu confermata anche dalla Cassazione. Quindi, bisognava ricominciare tutto un’altra volta e dal principio. Oggi, alcuni nuovi fatti  potrebbero portare alla verità.

L’indagine riaperta nel 2021 grazie ad una nuova testimone

Una nuova testimonianza potrebbe aiutare gli inquirenti a trovare quel tassello che è mancato nel 1993. L’indagine, in realtà, era stata riaperta ancora nel 2021, grazie ad alcune informazioni raccolte da uno dei giornali della zona, Araberara.

Alla fine di maggio del 2021, appunto, in redazione arrivò un messaggio di un amico il quale, a sua volta, ne riportò un altro di una conoscente. In seguito all’arresto di un manager milanese accusato di violenza sessuale, la donna del messaggio, non riuscì più a trattenere ciò che sapeva.

E raccontò la sua storia. Iniziò dal principio, da quel lontano 1992 durante il quale lavorava presso un ente pubblico. Lì conobbe un uomo, anche lui impiegato nella stessa azienda. Una notte di quell’anno aveva tentato di violentarla, ma lei era riuscita a scappare e a salvarsi.

Laura Bigoni
Laura Bigoni-Imilanesi.it

Denunciò il fatto all’ufficio del personale ed anche ai giornali, ma non successe nulla.La cosa grave è che l’uomo in questione aveva già tentato di violentare altre sette donne prima di lei. La testimone, non ebbe l’appoggio dell’allora direttrice del personale.

Dopo che le disse, senza mezzi termini, di essere furba e stare zitta perchè l’aggressore, nonostante fosse anche un pedofilo, era un bravo ragazzo. Il fatto che fosse sempre presente sul lavoro era molto importante. Se, poi, lei non riusciva a sopportare la situazione, poteva sempre licenziarsi.

La donna si mise in aspettativa non retribuita e cambiò città. L’anello di congiunzione tra la testimone e Laura è proprio il posto di lavoro. Laura, infatti, iniziò a lavorare presso lo stesso ente dopo che la testimone se ne andò. E, il giorno in cui l’uomo tentò di aggredirla, aveva con sè una bomboletta ed un accendino.

Ora, forse, la verità

 Nella cronaca dell’omicidio di Laura si parlava proprio di un accendino e una bomboletta, attrezzi che l’omicida aveva utilizzato per dare fuoco al materasso. Altra “coincidenza” non da poco è che il suo aggressore aveva un cugino che possedeva un taxi giallo.

Lei lo aveva visto alcune volte accompagnare il presunto molestatore al lavoro proprio con il suo taxi giallo. Al tempo alcuni testimoni avevano riportato questo dato: un taxi giallo sotto la casa di Laura. La redazione di Araberara, una volta avuti in mano tutti i dati relativi al presunto aggressore e della testimone, ha consegnato tutto alla questura di Bergamo.

Nel 2021 sono ricminciate le verifiche del caso. Ora, dopo due anni e dopo il lavoro certosino delle forze dell’ordine, hanno potuto pubblicare la storia che, forse, finalmente, porterà un poco di pace nella vita della mamma di Laura.

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