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TOMMASO BALESTRINI ## Milanese di Milano, 40 anni, guida di safari

Milanese figlio di milanesi – sancarlino figlio di sancarlini – commercialista bocconiano, 40 anni, Tommaso Balestrini è uno di quelli che a un certo punto della sua vita, dopo averci pensato a lungo, l’ha detto e l’ha fatto: l’ha cambiata (la vita). Per seguire la sua grande passione, l’Africa, quattro anni fa ha mollato una brillante carriera e se n’è inventata un’altra da guida di safari su misura.

Dove vive, innanzitutto?
«La mia base è qui a Milano, in Africa passo più o meno 4-5 mesi l’anno».
La «febbre» africana quando inizia?
«Nel 1998. I miei genitori mi portarono in vacanza in Sudafrica, Namibia, Botswana. Un’esperienza fantastica. Diciamo che fu amore a prima vista».
Un amore condiviso dalla sua famiglia?
«Assolutamente no. È una passione solo mia e la scelta di mettere al centro della mia vita l’Africa è stata controcorrente e non benedetta dai miei genitori, che avevano aspettative molto diverse. Quindi non è stato facilissimo seguire questa mia vocazione. Sono stati necessari più strappi nel corso degli anni».
Andiamo con ordine: dopo il viaggio del 1998 che cose è successo?
«Ho continuato faticosamente i miei studi in Economia e Commercio alla Bocconi di via Sarfatti 25, come volevano i miei. Quegli anni dell’università, che tutti ricordano felicemente, io li ho patiti. Però, da testone, nel 2002 mi sono laureato. E un minuto dopo ho organizzato un bel viaggio».
In Africa, immagino.
«Certo. Dovevo stare qualche settimana, sono rimasto un anno e mezzo».
Senza mai rientrare?
«Una volta, dopo tre mesi, per salutare la famiglia, vendere l’auto, lasciare la fidanzata. Fatto questo, sono ripartito per Windhoek, in Namibia, dove ho iniziato a fare la guida di safari. Pe me vivere in mezzo alla natura era il massimo».
Com’è diventato una guida?
«Sono stato formato da una guida tedesca, proprietario anche di un’agenzia di viaggi, che mi ha chiesto di fare anche da traduttore per gli italiani che, si sa, l’inglese lo parlano poco. Poi mi sono perfezionato in Sudafrica studiando presso l’associazione di guide più importante d’Africa. Durante quell’anno e mezzo post laurea ho viaggiato accompagnando turisti in Namibia, Sudafrica, Botswana».
Dal 1998 al 2002 era tornato spesso?
«Solo due volte».
Dopo un anno e mezzo i suoi genitori che hanno detto?
«Le pressioni per farmi rientrare c’erano, inutile negare. Io dopo un po’ ho pensato che a 28-29 anni era il momento giusto per rientrare e iniziare a fare un percorso tradizionale. Lo dovevo a loro che avevano comunque investito tanto su di me».
Quindi?
«Per quasi dieci anni ho lavorato a Milano in importanti studi legali e tributari, anche in quelli aggressivi, senza orari, e dal clima decisamente tosto».
Come ci stava?
«Ero totalmente fuori luogo. Quel tipo di vita non faceva per me. Famiglie sfasciate, additivi di ogni tipo, solitudine… Per tutti quelli che avevo intorno esisteva solo il lavoro, un prezzo troppo alto da pagare».
E lei?
«Il senso del dovere mi ha sostenuto e sono andato avanti facendo sempre la mia parte».
E l’africano che è in lei dov’era andato a finire?
«A volte facevo fatica anche a guardarmi allo specchio. Il contrasto fra quello che facevo e quello che avrei voluto fare era veramente eccessivo. Ho retto finché ho potuto, poi ho mollato. Solo adesso sono me stesso fino in fondo».
Aveva continuato a viaggiare?
«Certo. Appena possibile scappavo in Africa, da solo e con i primi clienti a cui organizzavo viaggi su misura».
Quando ha chiuso con la vecchia vita?
«Continuando a viaggiare in Africa, ho maturato esperienze e contatti sempre più importanti e proficui per la mia attività di guida. A Milano poi, che è una città piccola e in certi ambienti si viene a sapere tutto, la storia del milanese che organizzava viaggi in Africa ha iniziato a circolare… I clienti aumentavano».
Il commercialista quando è uscito di scena?
«Quattro anni fa, quando ho capito che potevo viverci bene. Ormai dovevo solo lanciarmi e dedicarmi a tempo pieno alla mia passione».
Economicamente meglio prima o adesso?
«Prima, ma va benissimo così».
I suoi genitori come l’hanno presa?
«Alla fine hanno accettato la scelta. Hanno capito che questo è la mia vita».
Adesso come si è organizzato?
«Sono operativo in Africa del sud e Africa orientale. Organizzo viaggi di ogni tipo, soprattutto safari fotografici e bird watching, ma mai battute di caccia. Non mi interessano. Sparare in testa a un elefante non è da coraggiosi, non è romantico, non è sportivo. È soltanto inutile, facile, stupido».
Quanti viaggi organizza in un anno?
«Fra i 20 e i 30 l’anno, ma non accompagno sempre i miei clienti. La mia caratteristica è organizzare viaggi su misura e di qualità. Di solito per coppie, famiglie o piccoli gruppi».
Tanti milanesi?
«Al momento la mia clientela è soprattutto di Milano».
Che cosa le chiedono?
«Soprattutto avventura, contatto con la natura, e a volte il lusso, che in Africa c’è in maniera scintillante e travolgente. Personalmente in certi casi credo sia eccessivo, ma ovviamente se me lo chiedono, sono in grado di offrirlo».
Tipo?
«Lodge da mille e una notte con posate d’argento e camerieri in livrea, lampadari di cristallo, divani di velluto, palestre con vista sulla savana… Non è esattamente la mia Africa, ma a certi milanesi piace. Parlo di quelli che vogliono mantenere il benessere a cui sono abituati o confermare un certo status anche quando vanno in Africa».
Sono tanti ad avere queste pretese?
«No, ma ci sono. L’Africa di cui mi occupo non è molto conosciuta, ed è più selvaggia del solito. Diciamo che la maggior parte di fida e si lascia consigliare. Io comunque lavoro senza catalogo, ascolto le esigenze, le storie di ognuno, le aspettative, e poi insieme formuliamo un itinerario e il tipo di viaggio. La mia unica regola è quella della lampada d’Aladino: ogni desiderio va esaudito. O almeno cerco di farlo».
I suoi viaggi quanto costano?
«Io cerco di aiutare tutti, ma a volte non posso proprio…».
Cioè?
«Se viene uno che mi chiede un safari in Africa con lo stesso budget con cui è andato una settimana a Sharm El Sheikh con la formula all inclusive mi devo per forza arrendere».
Quantifichi.
«Si va da 4-5 mila euro a persona a 100 mila e più. Quest’ultima è una cifra enorme, lo so, ma basta viaggiare per mesi in campi di lusso e prendere l’elicottero al posto del fuoristrada per raggiungere luoghi assolutamente inaccessibili, e ci siamo. Basta pagare e le possibilità in Africa sono infinite».
Insomma, è cara?
«No. Si può anche fare campeggio, però ci vuole un minimo di esperienza. Per chi va la prima volta è un po’ dura. E io non lo consiglio».
Il milanese in Africa come si comporta?
«C’è di tutto, come sempre, ma direi abbastanza bene. Non ho mai avuto casi di lamentele o delusioni particolari. Forse perché incontro sempre i miei clienti prima. È importante informare e mantenere le promesse. E prepararsi alle sorprese. Che in Africa non mancano mai»
La prima «sorpresa»che le viene in mente?
«Durante uno dei primi viaggi in Namibia, mi avvicino a una pozza d’acqua con decine di elefanti che bevono. Tiro giù il finestrino del fuoristrada e inizio a fotografarli. A un certo punto decidono di uscire dalla pozza e vengono tutti verso di me. Ero in mezzo alla loro strada verso la savana. Non ho acceso il motore, ho smesso di fotografare e ho aspettato: in pochi secondi mi sono passati davanti trenta elefanti. Ero pietrificato. Il parabrezza era oscurato. L’ultimo di loro, un maschio enorme, si è girato verso di me e con la proboscide ha dato un colpetto al parafango, quasi a dire: “Ragazzo, hai sbagliato, ma stavolta ti è andata bene».
La sorpresa con i clienti?
«È bellissimo ed emozionante lo stupore della prima volta quando si trovano davanti al primo leone o elefante».
Dov’ è operativo?
«Namibia, Sudafrica, Botswana, Ruanda, Kenya, Tanzania, Zambia, Uganda, Zimbabwe… il Sud Sudan è ancora instabile politicamente, quindi non sono ancora stato, ma è la nuova frontiera. È bellissimo. Il tema sicurezza è importante perché l’Africa è composta di 54 paesi, ma purtroppo dal punto di vista mediatico viene considerata come un’unica realtà. Così se c’è un attentato in un Paese gli effetti sono economicamente devastanti per tutto il continente. Questo è semplicemente assurdo».
In Africa fa base fissa da qualche parte?
«No.Mi sposto sempre».
Quando torna a Milano che vita fa?
«Più serena ed equilibrata di prima. Mi godo anche la città e le sue bellezze. Sono fortunato: lavoro come prima facendo quello che mi piace davvero».

 

Published by
andrea_scarpa