Alida fa la fotomodella, suona il piano, si occupa di web e marketing. Insomma, non sta ferma un attimo. Sta cercando la sua strada. Che nel 2006 l’ha portata a Milano, dove di sicuro non sono mancate curve e salite. Laureata in Scienze della Comunicazione, 29 anni, genovese, Alida quando si racconta sorprende per entusiasmo e sincerità.
«Sono nata nel 1986 e ho fatto il liceo classico al Pertini di Genova, che faceva parte del complesso comprendente la famigerata scuola Diaz del G8 (nel 2001 poliziotti aggredirono selvaggiamente, senza motivo, i manifestanti che qui alloggiavano, ndr). Che casino quella storia…».
Era lì?
«No. Però ricordo che per giorni non potemmo seguire le lezioni per via delle indagini».
Perché a 20 anni è venuta a Milano? C’entrano qualcosa i fatti della Diaz?
«No. Dopo il diploma mi sono iscritta al corso di laurea in Servizio sociale minorile, all’università di Genova. Al terzo anno, però, ho lasciato stare. Non mi trovavo bene. In precedenza mi era successo anche di mollare il Conservatorio all’ottavo anno di pianoforte».
Perché?
«Mille motivi. Volevo fare di più e meglio, i rapporti un po’ complicati con i professori…».
Perché ha scelto proprio Milano?
«Per fare la modella».
Com’è andata?
«Bene. Ho iniziato a lavorare quasi subito. Il problema è che io pensavo di trovare la Milano da bere, quella delle mille opportunità, in realtà non c’era rimasta nemmeno una goccia… Tutto era molto ridimensionato. Per fortuna, dopo poco, mi sono iscritta all’università per seguire le lezioni di Comunicazione e nuovi media: un nuovo corso di Gianni Canova (preside di questa facoltà e noto critico cinematografico, ndr), che per me è stato come una guida, soprattutto dopo la morte improvvisa, nel 2011, di mio padre Enrico Bruzzone (Altemburg è il cognome della nonna di Alida, ndr). Era un giornalista sportivo che da Genova aveva lavorato con il Secolo XIX, La Repubblica, Tuttosport. Perderlo è stato un colpo durissimo».
Milano è stata deludente rispetto alle aspettative? Come se la immaginava?
«Diversa senz’altro. Alla fine, però, è andata benino. Lavorando mi sono pagata gli studi fino alla laurea. La bellezza, con il lavoro da fotomodella, mi ha aiutato. Per il resto, posso dire che Milano è una città devastante se non sei una che vuole mordere la vita e prendersi tutto. All’inizio ero da sola e non ero abituata a tutta questa competizione, è stata dura. Però adesso posso dire che mi ha fatto crescere».
Come?
«Mi ha dato una corazza e una voglia di farcela che cresce sempre di più. Insomma, più Milano mi ha buttato giù e più mi è venuta voglia di fare e concretizzare i miei sogni. È una città che ti dice sempre e comunque: fammi vedere se sei capace, dimostrami che ce la puoi fare e non sei solo chiacchiere e fantasie. Alla lunga, nel mio piccolo, molte cose si sono realizzate».
i rapporti umani?
«Molti la descrivono come città fredda e distaccata, ma non è così. È vero che il vicino spesso non lo conosci, però se hai un vero amico qui è un amico sul serio. Io, assieme all’amore, un po’ ne ho trovati»
È una città provinciale?
«Un po’, sì. Rispetto al resto d’Italia, però, Milano è la più internazionale di tutte. L’unica che sa guardare avanti e cambiare radicalmente. In questo senso Porta Nuova è un esempio splendido. A me di una città piace la sua storia, ma anche il fatto che non ne sia schiava e sappia guardare avanti».
Milano quanto l’ha cambiata?
«Sono più precisa, lucida, determinata. Nel 2013 ho passato un anno a Melbourne e dopo un po’ mi mancava – e non l’avrei mai detto – più Milano di Genova».
Adesso si sente più milanese o genovese?
«Milanese, ma anche cittadina del mondo».
Il brutto della vita in città?
«La criminalità sta aumentando».
Nei rapporti sociali?
«Forse c’è troppa superficialità, come in America».
A una ragazza di 18-19 anni che vuole fare la modella che cosa consiglierebbe?
«Non ho consigli da dare. Anzi no, uno ce l’ho: credi in te stessa, abbi fiducia. Non cedere ai compromessi. Questo, anche se non sembra, paga sempre».
Milano ne chiede tanti di compromessi?
«Certo. A volte mi sembra la regola. Se accetti imbocchi una strada, se non lo fai ne imbocchi un’altra che sicuramente è più lunga. Ma “chissenefrega”…».
Le è capitato spesso?
«Sì, mi è successo. Succede spesso e ovunque. C’è sempre chi pensa di essere furbo… Non voglio lamentarmi, però: Milano mi ha dato e continua a darmi tantissimo».
Mai pensato di cambiare città?
«No. Neanche a Genova tornerei e Roma è troppo grande. Ed è un casino».
Da grande che cosa vuole fare?
«Da gennaio lavoro in un’agenzia di marketing sul web, un impegno serio e importante. Niente è facile a Milano, ma se hai qualche carta qui puoi giocartela come si deve».
I primi tre perché che le vengono in mente se pensa a Milano?
«Perché quando passeggia nelle strade la gente va dritta e non guarda in faccia nessuno, perché nessuna nuova conoscenza chiama mai per prima, perché nessuno fa mai un’improvvisata a casa…».
Il posto che le piace di più in città?
«Il museo del Novecento: lo adoro. Da Sironi a Fontana è uno spazio modernissimo che ha veramente qualcosa di speciale. E poi via Mozart, una meraviglia. Oggi di Milano mi piace anche lo smog, quell’aria sporca che c’è solo qui. Giuro, non sto scherzando».
Dove abita?
«Adesso con il mio fidanzato dalle parti di piazza Firenze. In questi anni, pagando affitti assurdi, ho girato la città: viale Premuda, Porta Romana, viale Maciachini, Bovisa, Cenisio… Prima dividendo un appartamento con altre modelle, poi da sola».
Perché si lamentano tutti a Milano?
«Perché qui, come nel resto d’Italia, quasi tutti fanno così. Per me è sbagliato: bisogna essere positivi nei confronti della vita. È un atteggiamento che non ci fa andare avanti».
A Genova com’è?
«Molto peggio. È una città immobile, chiusa e vecchia, purtroppo. Non cambierà mai».
Come sono le milanesi?
«Eleganti, impeccabili, sempre pronte a tutto. La riconosci ovunque una milanese».
Stilisti, responsabili casting, redattrici di moda: come sono?
«Duri. Ti mettono di fronte ai tuoi difetti fisici senza pietà. Una smagliatura te la fanno notare subito. Mezzo chilo in più sulla bilancia, anche. Tutto passa sotto una lente di ingrandimento. A 18 anni se sei insicura, ed è normalissimo esserlo, si corre il rischio di farsi venire le paranoie e trovare soluzioni assurde».
Sta parlando di peso, diete, anoressia?
«Certo. Le agenzie non spingono a trovare soluzioni di nessun tipo, a quello ci pensano le ragazze. Mi è capitato di sentire e vedere di tutto. Una volta una mi ha chiesto: “Come fai tu a rimanere magra? Io ho capito che mangiare il cotone è la cosa migliore. O faccio così o prendo amfetamine”. Ci sono anche ragazze che seguono uno stile di vita sano, per carità, ma l’ambiente è difficile, e di sicuro non mette alla prova la tua intelligenza…».
La musica è solo una passione?
«È la mia vita, la adoro. Mi piacerebbe che diventasse un lavoro, ma è difficile. Comunque sul mio canale Youtube ho 100 mila visite e per questo sono diventata partner. Se riesco ad avvicinare alla musica classica anche il buttafuori rumeno o nigeriano della discoteca, sono contentissima. Ho partecipato a due edizioni di Piano City: a Milano e Melbourne ed è stato molto gratificante. Ma non mi faccio illusioni».
Milano è per sempre?
«Penso proprio di si».
Milano è stata più generosa o avara con lei?
«Direi che è stata indifferente, come una sfinge. Opportunità qui ci sono, ma non è una passeggiata. Bisogna coglierle al volo, a volte può risultare anche un muro di gomma. In certi ambienti non ci sono regole».
Addirittura?
«A Milano può accadere tutto, ma devi stare sveglia, guardarti intorno. Applicarti. Le cose belle qui arrivano se sgobbi. Se le sai cercare, se lavori sodo e hai tanta costanza».
La morale allora qual è?
«Milano mette alla prova tutti. Qualcosa di bello può sempre accadere.
Sta a te. Think Positive».