È nata a Marsiglia nel 1972, poi con la famiglia – tutta d’origine corsa – si è spostata prima a Lione e poi a Parigi. Si chiama Aude Brille, ha un figlio di due anni, e dalla fine di ottobre 2013 vive e lavora a Milano: è il direttore marketing di Peugeot Italia. Sorridente e con una piacevole inflessione francese, Aude sembra essersi integrata alla perfezione, non vorrebbe più andar via. Quando è in vena si diverte anche a fare le imitazioni.
Com’è andata?
«Come sempre: all’improvviso e insieme a mille altre cose. La mia azienda due anni mezzo fa mi ha proposto di guidare la filiale italiana dopo che io e il mio compagno avevamo appena comprato un appartamento a Parigi, dopo che lui si era appena trasferito da Londra, dopo che io avevo appena scoperto di essere incinta. Vabbè, la vita è fatta così, non mi lamento. Sono una donna fortunata. Visto che era una bella opportunità di crescita, ho accettato».
Il bilancio com’è, positivo o negativo?
«Sono molto contenta. Qui per me va tutto bene. L’idea che avevo dell’Italia prima di venirci a vivere e lavorare è stata confermata. Si vive bene qui da voi».
C’era già stata?
«Sì, ma poche volte. In passato per motivi di lavoro ero stata a Firenze e Torino».
Quindi non è una di quelle straniere cresciute con il mito dell’Italia, giusto?
«No. Anche se l’Italia è sempre l’Italia».
Che idea aveva di questa città prima di trasferirsi?
«Mah! Pensavo a un’Italia un po’ da cartolina: il sole, l’arte, la follia… Invece qui il tempo è molto simile a quello che c’è a Parigi, la gente è più europea. A me piacciono i ritmi e gli orari di Milano».
La prima domanda che si è fatta quando è arrivata qui?
«Perchè questa burocrazia così assurda? Per la residenza ho aspettato tantissimo».
Parlava già la nostra lingua?
«Avevo seguito un corso base durante un periodo di sei mesi di lavoro in Svizzera».
Come si è organizzata con il bambino?
«Io vado a Parigi una volta ogni 4-6 settimane. Il mio compagno ci raggiunge qui tutti i weekend, salvo imprevisti. Giorno per giorno mi aiuta una tata delle Mauritius che vive a Limbiate, a pochi chilometri da qui. Bravissima persona».
Il suo compagno che dice?
«A lui Milano piace, preferisce venire qui. È tutto più tranquillo rispetto a Parigi».
All’inizio chi l’ha aiutata a capire meglio la città?
«I colleghi e gli amici degli amici».
Ci sono tanti francesi nel suo ufficio?
«Quattro-cinque, non di più».
Il primo impatto con Milano com’è stato?
«Buono. Anche se per qualche mese ho girati per alberghi: ho avuto difficoltà a trovare una casa in centro. Per il resto mi è piaciuta subito la tradizione dell’aperitivo».
L’aperitivo?
«Sì».
Ha preso qualche chiletto? Di solito con la storia dell’aperitivo succede a chi arriva da fuori.
«No, per fortuna. Sono abituata».
Il posto dove va più spesso?
«Devo ancora scoprire tanto, quindi cambio sempre. Per ora direi Bobino, Living, qualche locale di via Solferino».
Va anche a ballare?
«Mi piacerebbe andare ma già esco spesso per lavoro, quindi evito. Una volta, però, sono andata al Just Cavalli fino a mezzanotte. Ero con mio figlio. Era una serata di lavoro, è stato divertente».
Potrebbe viverci per sempre a Milano?
«Sì, perché no? Qui mi sento a casa. Qui c’è il bello dell’Italia con un po’ di ordine in più, che non guasta mai».
Come si trova nel traffico di Milano? Guida?
«Sì, certo. Il problema è che tanta gente sta spesso in mezzo alla strada a chiacchierare. Devo stare ancora più attenta del solito».
Ha usato l’auto in altre parti d’Italia?
«A Napoli, città bellissima. Lì però è un po’ troppo per me».
Le zone di Milano che preferisce?
«La nuova piazza Gae Aulenti, Corso Como, Brera, il Museo del ‘900… Mi piace andare in giro in città con mio figlio e il suo passeggino, così come mi diverte l’atmosfera che si respira durante il Salone del Mobile. E poi trovo impagabile che da qui si possa arrivare in poco tempo ai laghi, al mare, in montagna. Da qui vai dove vuoi, a Parigi no».
Il brutto di Milano?
«Il cielo grigio, i buchi nelle strade, i milanesi che non dicono grazie quando lasci passare qualcuno. Non è la più scintillante delle città italiane, ma piano piano c’è tanta bellezza da vedere».
I milanesi non si rendono conto di che cosa?
«Che qui si mangia bene come da nessun’altra parte».
Milano come l’ha cambiata?
«Quando parlo uso le mani più di prima».
Tre aggettivi per descrivere la città?
«Discreta. Elegante. Gustosa. Una piccola New York, come piace dire a certi milanesi. Solo che a New York non si vedono le montagne che ci sono qui».
E le milanesi?
«Curate. Qui le donne ci tengono molto a come apparire, soprattutto la sera».
E gli uomini?
«Attentissimi. Ai vestiti, ai capelli, all’estetica in generale. In Francia non ho mai visto un uomo con le sopracciglia ritoccate, qui sì».
Sul lavoro quali sono le differenze più importanti fra Parigi e Milano?
«A Parigi l’ambiente è un po’ più formale. Qui l’atmosfera che si respira è più piacevole e flessibile: si ride e si scherza spesso. Gli uomini sono più galanti. E tutti parlano molto. Siete dei gran chiacchieroni, ma va bene così. Lo spirito della squadra qui è molto alto».
Di solito gli stranieri dicono che gli italiani sono molto individualisti.
«È vero. Da noi non vale, però».
La prima cosa che ha notato nella prima riunione di lavoro a Milano?
«Le calze colorate degli uomini. Insomma, per una a cui piace fare le imitazioni, come me, in Italia c’è tanto materiale umano a cui ispirarsi. Proprio come in Francia».