Sono in arrivo brutte notizie per i pensionati nati fra il 1950 e il 1959, in particolare per una categoria. Scopriamo cosa accadrà a questi pensionati, soprattutto ad alcuni che hanno iniziato a lavorare ad una determinata età.
La quota 41 è una delle misure tanto osannate da diversi politici, fra cui anche dal leader della lega Matteo Salvini. E’ noto, infatti, come Salvini abbia intenzione di passare alla quota 41 per sostituire la legge Fornero.
Il leader della Lega Nord ha fatto capire che l’obiettivo verrà raggiunto dal governo Meloni entro la fine della legislatura attuale. Ma quali sono i cambiamenti che apporterebbe la quota 41? Vediamo nel dettaglio cosa accadrà ai nati fra il 1950 e 1959.
Cosa accadrà a coloro che sono nati fra il 1950 e il 1959
Quali sono i vantaggi della quota 41 se fosse applicata al posto dell’attuale sistema sulle pensioni? Per prima cosa, è importante sottolineare che non ci sarebbero riduzioni sulla pensione per i nati nel 1958, a condizione che a 25 anni non abbiano iniziato a lavorare.
Analoga è la situazione per coloro che sono nati nel 1959, ma in questo caso scatterebbe una diminuzione della pensione non solo se si è cominciato a lavorare a 25 anni, ma anche a 24. Nel dettaglio, la riduzione sarebbe pari al 5% se l’età era di 24 anni, mentre sarebbe pari al 3% se l’età era di 25 anni.
Dunque, con questa situazione, i benefici sarebbero inferiori con la quota 41 rispetto a quelli ottenuti con la legge Fornero. C’è anche da sottolineare che salendo con l’età, e quindi andando indietro con gli anni di nascita, per esempio fino al 1950, i benefici si riducono.
Cosa prevede nello specifico la quota 41
Applicando la Quota 41 per tutti vorrebbe dire ridurre il requisito dei contributi necessari per accedere alla pensione, senza tenere conto dall’età anagrafica. Tutti i lavoratori iscritti attualmente all’Inps possono avere accesso alla pensione anticipata solo se sono in possesso di 42 anni e 10 mesi di contributi, che per le donne sono invece 41 anni e 10 mesi.
Un altro requisito necessario è la finestra mobile di tre mesi a partire dalla data in cui sono stati maturati i requisiti. Dunque, l’applicazione della Quota 41 sarebbe importante per diminuire l’attesa per l’accesso alla pensione.
Se fosse applicata la misura, per gli uomini l’attesa si ridurrebbe di un anno e 10 mesi, mentre per le donne si ridurrebbe di 10 mesi. A beneficiare di questa misura sarebbero tuttavia solamente i lavoratori che sono entrati in età molto giovane nel mondo del lavoro, o che magari hanno optato per il riscatto della laurea.
A quanto ammonta la spesa per la quota 41
Se la misura della quota 41 venisse approvata, ci sarebbero costi molto elevati per le finanze pubbliche. Infatti, oltre che erogare in anticipo l’assegno, l’Inps si troverebbe a ricevere un gettito minore riguardo i contributi, dovuto proprio alla rottura del rapporto lavorativo in anticipo. Nonostante ancora non c’è una sperimentazione per poter definire in modo esatto il costo di questa misura, sono state avanzate delle previsioni di quanto verrebbe a costare fino al 2031.
Pare che fino a questa data l’applicazione della quota 41 verrebbe a costare 75,1 miliardi di euro. Stando alle ipotesi avanzate dall’Istituto Nazionale per la previdenza sociale, la spesa maggiore all’anno da affrontare sarebbe pari a 9,6 miliardi di euro e riguarderebbe il 2029. Invece, per quanto riguarda la spesa del 2022, sarebbe derivata dall’applicazione della quota 41 in via eccezionale sull’attuale legge Fornero. Quest’ultima consente di accedere a 41 anni e 10 mesi alla pensione alle donne, mentre gli uomini possono andarci con 41 anni e 12 mesi di contributi.