La proroga per lo smart working terminerà ufficialmente il 30 giugno 2023. Quali sono le ipotesi future sul lavoro da casa?
Il 5 maggio l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha concluso l’emergenza sanitaria legata al Covid dopo un periodo di tre anni.
Nonostante ciò, in Italia restano in vigore fino al 30 giugno 2023 alcune norme, come il lavoro a distanza per le persone vulnerabili e i genitori con figli fino a 14 anni. Dopo, cosa succederà?
Il 1° luglio 2023, il diritto legale di lavorare in modalità smart working non sarà più disponibile sia per i lavoratori fragili del settore pubblico e privato che per i genitori con figli minori di 14 anni (solo nel settore privato).
Ciò significa che, in assenza di tutela legale, i lavoratori fragili e i genitori di bambini sotto i 14 anni dovranno riprendere a frequentare il lavoro. A meno che non ci sia un accordo con l’azienda.
Durante l’emergenza pandemica, è stata introdotta una misura di smart working per i dipendenti vulnerabili e i genitori con figli fino a 14 anni, al fine di ridurre il rischio di infezione sul posto di lavoro.
Fondi per estendere lo smart working fino al 30 giugno
Lo scorso marzo, il ministro del Lavoro Marina Calderone è riuscita a ottenere i fondi necessari per estendere la misura.
Ora, con la fine dell’emergenza e l’avvicinarsi della scadenza del 30 giugno, la questione è tornata in discussione.
Poiché non esiste ancora una normativa nazionale sullo smart working, gli accordi tra datori di lavoro e rappresentanti sindacali stanno diventando sempre più comuni.
In assenza di una legge, questi accordi dettano le modalità di svolgimento del lavoro a distanza.
Inoltre, le persone con salute fragile e i genitori con figli sotto i 14 anni dovranno tornare sul posto di lavoro in base alla contrattazione collettiva.
Gli accordi stipulati dalle aziende
Alcune aziende hanno stipulato accordi che consentono ai propri dipendenti di lavorare da remoto due o tre giorni a settimana, alternati a giornate di lavoro in sede.
Altre aziende, come riportato da Il Sole 24 Ore, offrono ad alcune categorie di lavoratori la tutela prevista dall’articolo 18 della legge 81 del 2017 e dal decreto legislativo 105 del 2022 (articolo 4 lettera b).
Secondo questa normativa, i datori di lavoro pubblici e privati che stipulano accordi per il lavoro agile devono dare priorità alle domande di quattro categorie di lavoratori: quelli con figli fino a 12 anni, quelli con figli di qualsiasi età con disabilità, quelli con disabilità di gravità accertata, quelli che sono caregiver.
In base alle norme vigenti, questi tipi di dipendenti non possono essere licenziati, trasferiti, penalizzati o vedere ridotta la loro posizione se chiedono di lavorare a distanza.
Inoltre, non possono essere sottoposti a misure organizzative che potrebbero avere un impatto negativo sul loro ambiente di lavoro.
In assenza di interventi governativi, il diritto al lavoro agile non sarà più valido dopo il 30 giugno.
Tuttavia, se un’azienda prevede una percentuale di lavoratori in smart working nell’ambito della contrattazione collettiva, queste categorie dovranno avere la priorità.
Secondo l’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, attualmente i lavoratori italiani in smart work sono circa 3,6 milioni, con un calo di quasi 500.000 unità rispetto al 2021. Durante il picco della pandemia, i lavoratori agili erano 7 milioni.