INPS, brutte notizie per chi ha iniziato a lavorare dopo il 1996: cosa accadrà

Ecco cosa accadrà a chi ha iniziato a lavorare dopo il 1996: non sono buono notizie. Gli ultimi aggiornamenti dall’INPS.

1996 inps
1996 inps-Imilanesi.it

Per tutti coloro che hanno iniziato la propria carriera lavorativa dopo l’anno 1996 non ci sono buone notizie. Si tratta di una categoria svantaggiata quella dei contributivi puri. I contributivi puri, infatti, rischiano di percepire un assegno più basso, una pensione meno sostanziosa e non solo: si rischia poca flessibilità nel passaggio alla pensione.

Questo è stabilito da una legge, la legge Dini che è stata estesa e  riconfermata dalla legge Fornero. Tramite questa legge il sistema dei contributi si applica a partire dal periodo che va dal primo gennaio 1996 in poi. Il primo gennaio del 2012 per coloro che avevano maturato, invece, al 31 dicembre dell’anno 1995, almeno 18 anni di contributi.

Il risultato è che tutti coloro che hanno versato i contributi dopo il primo gennaio del 1996 sono considerati categoria di contributivi puri. Nei confronti di questa categoria si effettuano dei calcoli specifici e delle regole di accesso alla fase pensionistica del tutto diverse. Diverse da chi è in possesso di anzianità contributiva che precede l’anno 1996. Approfondiamo insieme queste regole.

Versare contributi
Versare contributi – Imilanesi.nanopress.it

Un particolare regime di calcolo

Per tutti coloro che hanno iniziato a lavorare e a versare dunque i contributi dopo l’anno 1996 la situazione è abbastanza diversa da tutti glia altri. La legge Dini prima e la legge Fornero dopo hanno confermato tutto ciò.

Ci sono una serie di svantaggi per i contributivi puri. Partiamo dalla caratteristica più famosa del sistema contributivo: il calcolo delle pensioni. Con l’introduzione dei contributi, è stato introdotto un sistema di calcolo più sostenibile per il Paese, ma meno favorevole per i lavoratori.

Infatti, per lo stipendio, la cosa più importante sono gli ultimi anni di lavoro, godendo solitamente di uno stipendio più alto rispetto a quello di inizio carriera, considerando il contributo dell’intero periodo.

Ogni anno di lavoro, infatti, si sommano i contributi effettivi, e ovviamente lo stipendio è più alto. I contributi vengono accumulati in un cosiddetto importo contributivo, che viene convertito in pensione applicando uno specifico coefficiente che aumenta in base al ritardo nell’accesso alla pensione.

Il risultato è che si ignorano i guadagni accumulati in tutta la carriera e lo svantaggio è tutto di chi desidera accedere alla pensione in anticipo.

INPS: accade in merito all’integrazione?

Se le pensioni contributive risultassero essere molto basse, non ci sarebbe neanche speranza di integrazione. L’INPS consolida le pensioni dei pensionati la cui indennità è inferiore alla soglia fissa annua, pari quest’anno a 563,74 euro.

Tuttavia, anche questo strumento è escluso dai contribuenti puri e non fa scattare l’aumento della pensione minima anche se scende sotto i 563 euro mensili. Percepire una pensione assai bassa può addirittura ritardare il pensionamento.

Come tutti sappiamo, per percepire la pensione bisogna avere almeno 67 anni e aver versato contributi per 20 anni. Tuttavia, esiste un requisito sconosciuto ai molti che si applica ai contributori puri. Se si vuole accedere alla pensione a 67 anni, oltre ai contributi che hanno accumulato per 20 anni, devono raggiungere entro il 2023 anche un importo pensionistico superiore o pari a 1,5 volte il valore degli assegni sociali, pari a 503,27 euro.

Il risultato è quindi una pensione di minimo 754,90 euro. Diversamente bisognerebbe considerare altre forme di pensionamento, come una pensione riservata ai puri contribuenti, ma disponibile solo a 71 anni di età e con oltre cinque anni di contribuzione.

Versare contributi
Versare contributi – Imilanesi.nanopress.it

Va ricordato anche che i contribuenti puri sono esclusi dalla possibilità di percepire sconti sui contributi previdenziali. Ad oggi, infatti, sono tre le eccezioni stabilite dalla Legge Amato che consentono, in determinate circostanze, una pensione di 15 anni di contributi anziché di 20 anni.

Una delle condizioni necessarie è che minimo un contributo debba essere stato versato entro il 31 dicembre 1995, e questa condizione preclude ai contributivi puri di beneficiare del relativo sconto.

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