MEMORIE DI UNA VAGINA, ANCHE LE BLOGGER CRESCONO ## (E SCRIVONO EBOOK, MANUALI E TANTE ALTRE BELLE COSE)

La blogger Memorie di una vagina, che poi in realtà si chiama Stella Pulpo, è di Taranto e a novembre compie 30 anni, a ottobre pubblicherà l’ebook Cara cornuta – Manuale di sopravvivenza al tradimento (l’illustrazione in copertina è di Elena Borghi). È il suo secondo libro. E parla di corna, ovviamente. Con il primo, un instant book del 2012, messo online in download gratuito, si era occupata di altro: Ilva, tumori e bambini. Il titolo è Arbeit Macht Frei – Storie di una Taranto non detta. «Si tratta», spiega «di una specie di documentario di anime, tra siderurgia e cittadinanza».

Stella Pulpo è brava, così per la rubrica MADUNINA POWER le abbiamo chiesto di scrivere qualcosa su Milano, la “sua” Milano. Questo è il risultato.

Ho di recente rinvenuto nell’armadio un tailleur, grigio topo, con una gonna a campana e una giacchetta che segna il punto vita. Agghiacciante.
L’avevo comprato proprio in procinto del mio imminente trasferimento a Milano. Evidentemente, nella mia testa, Milano era un posto in cui bisognava “vestirsi bene” (cioè demmerda) e forse la mia fashion icon era la Signorina Silvani. Fatto sta che io a Milano ci sono arrivata con questo tailleur grigio topo (e altri imbarazzanti capi d’abbigliamento/accessori), la frangia castana, un paio di taglie in più, tante aspettative e giovanili suggestioni.
Il tutto succedeva 7 anni fa.

Da allora ho perlustrato gli inconfessabili orrori sociali, psichici, estetici, climatici e umani di questa città. Ho profilato a me stessa lugubri scenari futuri di stress lavorativo e solitudine esistenziale. Ho fatto di tutto per indurmi a scappare. Ma non ci sono riuscita.
Forse perché sono pigra. Forse perché questa città mi piace.

Mi piace l’efficienza. E pure l’efficacia.
Mi piace la puntualità. Mi piace il freddo che punge la faccia. Mi piace chiacchierare con i tassisti. Mi piace quando d’estate tutto si svuota e Milano rimane nuda e sudaticcia. Mi piace imparare sempre una parola nuova. Mi piace il mio pizzaiolo egiziano che mi porta la pizza personalmente, mi fa il baciamano e mi dice che sono sempre bellissima e se non è fidelizzazione questa, io non lo so.
Mi piace uscire dalla metro in Piazza Duomo e trovare un’installazione con delle pecore che brucano su un prato, perché la guerrilla è sempre la guerrilla. Mi piace quando procedo verso i miei obiettivi. Mi piace quando rallento. E mi guardo intorno.

E la sorprendo, Milano.
In uno scorcio, in un portone, nella vetrina di un’enoteca.
In una bottega, in un vecchio col cappello che si lamenta del tram in ritardo di 5 minuti, in una balera.
In una di quelle donne milanesi longilinee, eleganti, che tu manco se vai in pellegrinaggio sulla tomba di Audrey Hepburn ci arriverai mai.
In una piccola via fatta di palazzi bassi e nella suggestione internazionale del suo skyline.
Nei tipi loschi che ti ricordano che sei in una metropoli.
In 2 millennial che si abbracciano innamorati, ma come cazzo sono vestiti? E ce l’hanno almeno un canale youtube?
Nei cani di razza che corrono al parco.
Negli eccentrici della Fashion Week.
Nelle infinite etnie che la compongono, nelle luci e nei contrasti, nelle disarmonie e nelle metamorfosi.
In quella tensione al meglio che la fa pedalare forte.
In questo crocevia di vite e di storie. In cui il nostro tempo è solo un tassello, di un grande mosaico umano, ardito e vario.

E la sorprendo, Milano.
Che è come certe donne.
Meravigliose solo per chi sa guardarle con gli occhi giusti.

LEGGI QUI L’INTERVISTA A STELLA PULPO

Impostazioni privacy