Stipendi, chi riceve il 33% in più: l’aumento è per queste classi di lavoratori

Il Governo punta ad aumentare gli stipendi per alcune classi di lavoratori. Ecco le misure e le categorie coinvolte.

Stipendi, chi riceve il 33% in più
Stipendi, chi riceve il 33% in più – imilanesi.nanopress.it

Per far fronte alla riforma del sistema previdenziale, il governo propone un incentivo del 33% per alcune categorie di lavoratori. Vediamo nel dettaglio di cosa si tratta.

33% in più in busta paga. Le motivazioni

Quello che è l’obiettivo del nuovo governo è sicuramente cercare di fa rientrare quanto più possibile nelle casse dello Stato.
Sono previste agevolazioni e bonus per chi rinuncia alla pensione, anche se vede già soddisfatti i requisiti per ritirarsi dal lavoro.
Questa sembra essere la strada che il governo ha scelto per riformare il sistema delle assicurazioni sociali, che ha un disperato bisogno di essere rivisitato. L’obiettivo è quello di evitare nella maniera più assoluta un ritorno alla legge Fornero. La chiusura della Quota 102, l’APE sociale e l’opzione donna porteranno inevitabilmente la grande maggioranza dei lavoratori al ritiro anticipato.

Incentivo del 33%
Incentivo del 33% sullo stipendio – imilanesi.nanopress.it

 Anche se queste misure venissero estese, si tratterebbe di una soluzione provvisoria che non risolverebbe il problema una volta per tutte. Motivo per cui sono sempre più frequenti le ipotesi su nuove possibili misure da attuare. Da Quota 41 alla flessibilità a 61 anni, dalla nuova Quota 103 al ripristino della Quota 100 con 35 anni di versamenti contributivi.  Tutti mezzi favorevoli per un ritiro anticipato dalle attività lavorative. Eppure per la spesa pubblica risultano essere costi non indifferenti. Pertanto, nonostante le misure siano più che appetibili per i lavoratori, si sta in tutti i modi cercando di evitare il prepensionamento da parte dei dipendenti. Si arriva dunque anche ad offrire bonus a coloro che rimangono sul posto di lavoro. 

I bonus offerti per non andare in pensione prima dei 67 anni.

Si cerca quindi di convincere i dipendenti a lavorare fin quando non si raggiunga la soglia di età pensionabile, ovvero 67 anni.
Tra le proposte, quella del salario del 33% in più per chiunque scelga di non anticipare il proprio pensionamento pur avendo raggiunto i requisiti.  In precedenza, accadde con  il ministro Maroni del vecchio governo Berlusconi. E secondo il nuovo Governo, una simile linea potrebbe funzionare ancora ora.  In pratica, ad alcune fasce di lavoratori viene offerto 1/3 in più della retribuzione mensile se ritardano il loro pensionamento, pur avendo già soddisfatto le condizioni per il prepensionamento anticipato.  Soprattutto nel settore pubblico, questo percorso si adatterebbe anche a risolvere in modo adeguato i molti problemi  in essere all’interno della pubblica amministrazione. 

Un esempio eclatante è l’assistenza sanitaria, dove è sempre più marcata la carenza di medici e infermieri. In questo caso, la maggior parte dei medici può usufruire della pensione a 62 anni avendo contributi versati per 35 anni o senza limite di età con 42 anni di contributi. Offrire un bonus direttamente in busta a chi può andare in pensione ma rinuncia a farlo,  è un’ipotesi congrua anche in vista della prossima legge di bilancio. E il contenuto di questo bonus, non certo di poco conto sarebbe uno stipendio più alto del 33%. 

Un incentivo, quindi, per restare in servizio fino al termine limite. Tale misura consentirebbe ai dipendenti una flessibilità di uscita non indifferente

Pensionamento anticipato
Pensionamento anticipato – imilanesi.nanopress.it

Pensionamento o incentivo, la scelta sta ai lavoratori

La scelta del dipendente sarebbe quindi di andare in pensione immediatamente, oppure accettare pagamenti e benefit aggiuntivi in busta paga per qualche anno in più di carriera lavorativa. Ciò offrirebbe l’opportunità di eliminare e ridurre il numero di potenziali pensionati e ridurre la spesa pubblica, il tema centrale di tutte le riforme pensionistiche fino ad oggi. E poiché ci sono molte variazioni nei requisiti pensionistici a seconda della categoria di appartenenza, ogni dipendente potrebbe decidere da solo cosa fare.  Tutto ciò porterebbe a un ingente risparmio di fondi pubblici, perché anche l’ipotesi di ridurre il Reddito di cittadinanza solo a chi è in casi di vera difficoltà per trasformare i risparmi che ne derivano in pensioni, non bastano a livello economico statale a rendere sostenibili le nuove misure.

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