Cantautore di successo, ma anche scrittore e conduttore televisivo e radiofonico. Enrico Ruggeri è un uomo dai mille talenti. E dal carattere forte. Nel senso che non è uno di quelli che dove lo metti sta, o che parla a comando, o fa quello che si deve fare nei salotti giusti. Per niente. Va dritto per la sua strada, anche se non è la più breve, in discesa, e senza curve. Milanese doc, 58 anni, tre figli, in questa intervista Ruggeri racconta i suoi inizi, la Milano violenta degli anni ’70 e i sogni da ventenne, i problemi di salute dell’ultimo anno e il sogno di fare un film, i soldi e la pubblicità del salame, San Siro e l’erede di Pisapia, gli immigrati e una svolta auspicabile: una manifestazione del mondo arabo contro il terrorismo.
Trascrizione videointervista a ENRICO RUGGERI
MILANESI MERCE RARA
I milanesi non ci sono più. Se vai a scavare nell’albero genealogico di ogni milanese c’è un toscano, un calabrese, un romano, un veneto… Per non parlare adesso di quelli che cominciano a sposare donne e uomini che non sono italiani. Il milanese, quindi, in qualche modo va sempre di più somigliando al parigino, al londinese, al newyorkese.
LE ORIGINI
Mio nonno andò in Sicilia a combattere i briganti, conobbe una ragazza, se ne innamorò e la portò al nord. Quindi un po’ di sangue siciliano ce l’ho anch’io.
IL PEGGIO È PASSATO
Mi sembra che adesso se la passi bene, Milano. Il peggio è passato. Milano è una città che reagisce. È vero: ci sono tante aziende che chiudono, ma ci sono anche tante altre idee che nascono. È una città in movimento, anche se questi sono tempi molto spietati per chi non ce la fa subito, per chi apre un ristorante e i primi tre mesi non fa clienti.
IL QUID DI MILANO
Secondo me è nelle possibilità e nell’ospitalità. In definitiva anche se magari è più difficile entrare nel cuore di un milanese, che ti guarda, ti studia… ma quando un milanese ti dà l’amicizia è per tutta la vita. Magari in posti italiani più caldi, mediterranei, sono tutti amici di tutti ma non fino in fondo.
A MILANO SI PUÒ
Ci sono lavori che non puoi non fare a Milano. Se fai il giornalista, il cantante, lo stilista, o se hai un occhio all’Europa, Milano è la città più tecnicamente funzionale per i progetti grossi.
SCOPRIRE MILANO
Andare in centro eludendo il controllo delle portinaie ed entrare nei portoni di molti palazzi di corso Venezia o corso Monforte per vedere che cosa c’è dentro. dietro Porta Venezia c’è un palazzo con i fenicotteri rosa. C’è una signora che ha i fenicotteri rosa…
LA LEZIONE DELL’ULTIMO ANNO
È stata un intervento chirurgico con complicazione, una peritonite… La consapevolezza che un po’ di rispetto in più per il proprio fisico aiuta a vivere meglio, soprattutto se sei un po’ agee. Quindi quelle nottate quando alle 4 del mattino, magari dopo cinque whisky, qualcuno si metteva a fare la carbonara e te ne mangiavi due etti, è meglio relegarle al ricordo…
LA LIBERTÀ DEL SALAME
Io ho cantato una sigla storica della mia infanzia, quindi un modo per fare qualcosa di importante per il bambino cresciuto che sono. Al di là di questo, i soldi oggi danno molto libertà e siccome io non sono uno che deve fare il disco o si deve far spiegare come fare il pezzo per andare in radio… cioè sono uno che non ci sta a certi compromessi, preferisco avere una buona disponibilità economica per fare il disco come voglio io, stamparlo come voglio io, con la copertina che voglio io, andare in tour con una politica che scelgo io… tutte queste cose sono dei lussi e ci vogliono soldi per avere questa libertà.
MILANO FUCINA DI STORIE
Se io non fossi nato a Milano avrei scritto sicuramente altre cose. se escludiamo Il mare d’inverno tutte le mie altre canzona sono frutto del mio interesse verso il prossimo. Non amo il prossimo mio come me stesso, non ce la faccio, però il prossimo è molto interessante. e quindi Milano è una fucina di anime, personalità, sfaccettature… quindi avrei scritto canzoni perché la mia indole è quella, ma sicuramente lo avrei fatto con un altro approccio e un’altra mentalità.
CARRIERA SORPRENDENTE
La mia idea era sempre quella di navigare a vista e in qualche modo procrastinare questo periodo meraviglioso, iniziato a 20 anni, quando pensavo chissà se riuscirò a fare tre album, magari quattro-cinque, e sono arrivato al 31esimo. Quando dicevo chissà se riuscirò a scrivere un libro e ne ho scritti sette. o che guardavo la tv e pensavo magari un giorno mi faranno fare una cosetta e alla fine ho condotto programmi…
ADESSO UN FILM
Se dobbiamo sognare, adesso un ruolo da attore in un film mi piacerebbe. ma stiamo sognando… Un film d’azione, ovviamente. Non farei il genitore del ragazzino nella sit-com all’italiana.
IL BILANCIO
Io credo che nell’indole umana ci sia il fatto che ognuno pensi di non aver raccolto il giusto, credo che ognuno di noi nel suo intimo pensi di essersi meritato qualcosina in più, e quindi anch’io non sfuggo a questa regola. in realtà per i risultati della vita ci sono talmente tante componenti e spiegazioni, tutte a posteriori, che è inutile porsi questa domanda.
IL SEGRETO DEL SUCCESSO
C’è voluto coraggio per cercare di fare sempre la scelta un po’ in controtendenza, anche dal punto di vista delle sonorità. Raramente i dischi che ho fatto erano quello che al momento la radio proponeva, ma sempre una cosa diversa. Quindi un po’ di coraggio nella vita ci vuole. e poi ci vuole organizzazione, un po’ di metodo, talento se c’è e ovviamente un po’ di fortuna.
E SAN SIRO?
La mia fortuna è stata avere la consapevolezza di due cose: che non avrei mai riempito San Siro e che non sarei mai scomparso. E cioè che facevo un tipo di musica che sarebbe rimasta sicuramente ma non sarebbe potuta piacere a tutti. Questo mi ha rasserenato perché non ho fatto troppi errori per inseguire delle chimere. Ci sono anche quelli che per cercare di andare a San Siro hanno perso anche quello che avevano. Per cui credo di avere capito questo di me. Ho fatto un’autoanalisi che si è rivelata azzeccata. Non sono scomparso, ho fatto tante canzoni importanti, ma non ho nelle mie caratteristiche quello di essere uno che fa il concerto a San Siro.
GLI ANNI DI PIOMBO
L’atmosfera era molto pesante, era il periodo post Brigate Rosse, il periodo di Ramelli e di Fausto e Iaio. Ramelli era un ragazzo di destra che venne ucciso a sprangate per un tema, Fausto e Iaio erano due ragazzi che uscivano da un centro sociale e furono ammazzai a pistolettate.
IL PERIODO PEGGIORE
Quindi era una città molto violenta, una città dura, di grandi ostilità. Secondo me il periodo peggiore di Milano è stato quello di fine anni ’70, quando era finito il sogno del ’68 di cambiare il mondo, della partecipazione, ed era iniziato il terrorismo, le P38, le Hazet 36, che erano chiavi inglesi che venivano usate per picchiare la gente.
LE BOTTE E IL PUNK
Io suonavo e quindi non le prendevo e non le davo, stavo da un’altra parte. Poi arrivò il punk, i viaggi a Londra, la mia possibilità di fare musica. Poi arrivarono gli anni ’80, il craxismo, la Milano da bere, le fotomodelle, i soldi che sembrava ci fossero per tutti… e poi c’è stato un riequilibrarsi delle cose, né l’una né l’altra, in una maniera troppo esagerata.
L’EREDE DI PISAPIA
All’interno del gruppo di lavoro di Pisapia, Maiorino è un assessore che ha fatto un buon lavoro a favore dei deboli. Poi una cosa è fare l’assessore una cosa è fare il sindaco. In una città come Milano credo sia una delle pratiche più difficile da gestire. Mi auguro che il prossimo sindaco sia uno che viene dall’amministrazione delle città e non dalla politica centrale. Non vorrei un grosso nome che in qualche modo viene parcheggiato a fare il sindaco perché quelli hanno quasi sempre fallito.
IO E LA POLITICA
Non farei il passo della politica perché scrivo canzoni, faccio concerti, scrivo libri, conduco un programma in radio. Mi auguro che oggi la politica sia destinata a persone esperte, amorevoli… che dedicano tutta la loro vita a questo. Quindi secondo questa ottica io non sarei in grado di fare il politico.
MIGRANTI IN REGOLA
Per quanto riguarda il problema dei migranti se si riuscisse a far rispettare le regole nell’interesse dei migranti onesti, che sono il 98-99 per cento… la maggior parte dei problemi verrebbero superati. Io conosco bene e ho parlato con tanti albanesi, cinesi, ucraini, filippini e sono i primi, i piu duri di tutti, nell’auspicare una società nella quale quando sbagli vieni messo in galera, e non c’è il magistrato che ti tira fuori. Perché questo rasserenerebbe gli animi. Non guarderesti più di traverso l’arabo che vedi lì, perché avresti certezza che se lo vedi in giro per la strada vuol dire che probabilmente è una persona perbene.
UNO STRANIERO COME GENERO
Sarei dispiaciuto per lui. Mi sembra già che (mia figlia) abbia un carattere molto deciso… credo che prima o poi succederà…
MOSCHEA E LEGALITÀ
È una questione di civiltà. Il fatto che un cattolico in un paese arabo non possa mettersi nemmeno un crocifisso non vuol dire che noi, proprio per questo motivo, non dobbiamo far pregare le persone di un’altra religione che sono qui. Anzi. Se siamo più civili, perché no? Magari (bisognerebbe) dare una controllata al fatto che ci sono moschee dove si prega e altre dove ci si organizza per qualcosa di delittuoso. Io credo che una grande svolta sarebbe una grande manifestazione di tutti gli arabi pacifici che prendessero una posizione pubblica, in mezzo alla strada, contro il terrorismo. Quella sarebbe una svolta strategica da parte del mondo arabo che io mi aspetto.
CREDITI
La videointervista e il servizio fotografico a Enrico Ruggeri sono stati realizzati negli spazi del Radio Rooftop Milan, la terrazza dell’albergo ME Milan Il Duca (piazza della Repubblica, 20124 Milano), che si ringrazia per la preziosa e cortese collaborazione.