La Pina è uno dei nomi più importanti della radiofonia nazionale, visto il seguito costantemente in crescita dei suoi programmi e della sua attività social. Rapper, conduttrice televisiva e radiofonica, Orsola Branzi – questo il suo vero nome – ha 45 anni ed è nata a Firenze. Figlia di due noti architetti e designer, Andrea Branzi e Nicoletta Morozzi, nipote dello scomparso Massimo Morozzi, altro grande designer, e cugina dell’attrice Vittoria Puccini, La Pina vive a Milano dall’età di tre anni, quando il padre – dopo aver disegnato il celebre negozio di Elio Fiorucci a New York, nel ’73 si trasferì in città per fare altrettanto con quello storico di Galleria Passarella. In questa intervista La Pina è assieme a suo marito, Emiliano Pepe, musicista e produttore napoletano molto apprezzato nell’ambiente musicale milanese. I due si sono sposati nel 2013 e nel 2014 hanno partecipato con grande successo all’adventure game di Raidue Pechino Express. Da sola, e con Emiliano, La Pina parla di Milano, comodità e asprezza, crisi e solitudine, anziani incazzati e amici giapponesi, mummie e moschea. E se Linus avesse accettato di candidarsi a sindaco di Milano ci avrebbe pensato lei a risolvere il problema…
Trascrizione videointervista a LA PINA + EMILIANO PEPE
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L’INCONTRO IN RADIO
P – Ci siamo incontrati in un corridoio della radio. Per me, alla fine, Milano è la radio. Tutto quello che mi succede, mi succede lì dentro ed essendo lì tutti i giorni dell’anno… Per fortuna, Emiliano, sei passato da lì…
LA SCELTA
E – Milano l’ho scelta, non è che sono venuto “forzato”, diciamo. L’ho sempre trovata meravigliosa, Milano. A me piace proprio tanto.
I PRIMI PASSI
E – Scesi alla stazione Centrale, la prima volta che venni a Milano, e mi dissero di prendere il tram 33. Il dramma è che lo vidi passare da lontano e, pur correndo, non ce la feci a prenderlo. Tra me e me pensai: “Madonna mia, quanto devo aspettare adesso?”. Invece passò subito, dopo due minuti (un buon segnale, direi).
FIORUCCI, MILANO E DINTORNI
P – Io ci sono venuta da piccola a Milano, avevo tre anni. Mio papà aveva disegnato il negozio di Fiorucci a New York e così ha trasportato la famiglia qui… Mamma disegnava Fioruccino. Eravamo una colonia aggregata a Galleria Passerella, quando il negozio di Elio (Fiorucci) era lì. Dopodiché l’ho vissuta per le scuole, poi me ne sono andata a studiare a Bologna, poi sono andata a vivere a Varese, e poi sono tornata Milano. Però diciamo che me la vivo in realtà per la radio e per Emiliano, che sono le due cose di cui me ne frega nella vita. Per il resto, mi piace viaggiare e quindi andare fuori da quì. Mi piace tornarci, mi piace il fatto di averci una casa.
COMODA MA FREDDA
P – È una città comoda per chi lavora, Milano. Nel senso che se hai cose da fare può essere molto pratica, può essere anche molto avversa se sei fermo, perché non è calda, non è sociale. È un po’ una città di servizio e di servizi.
QUELLO CHE TI SERVE C’È
P – Altre città hanno più personalità, magari proprio nelle mura, nelle strade, nella storia. Milano è una città che la identifichi per il fatto che quello che ti serve c’è. Te lo portano a casa, se serve, te lo portano in poco tempo e funzionale… Mi capita spesso di postare delle cose che faccio sui social e tutti: ”Eh, ma solo a Milano (ci sono) queste cose”.
QUANTO DEVE A MILANO
P – Io penso che si debba a se stessi le cose (che uno riesce a fare). E sapersele trovare nel posto in cui si è. È quello che poi ho capito anche viaggiando. Io e Emiliano viaggiamo spesso insieme, abbiamo fatto l’esperienza di Pechino Express su tutte…. Quindi, a maggior ragione, sei e trovi quello che ti cerchi.
LA MIA CITTÀ
P – È fatta di questo posto che è casa, di qualche ristorante, un po’ di amici. Però soprattutto tanto casa… Milano è a portata di mano, è comoda, ti viene incontro, gioca a tuo favore. Ci sono città più faticose, forse quella da qui vieni tu, Napoli, è più faticosa come città.
L’INTIMITÀ E LA METROPOLI
E – Sicuramente sì. Da un lato conserva l’intimità di frequentare persone.
P – La preserva, sì.
E – E dall’altro c’è quella cosa della città, della metropoli internazionale…
LA MILANESIZZAZIONE
P – Credo che poi alla fine Milano spersonalizzi un po’, per cui si diventa milanesi in quel senso. Socialmente hai più un’immagine che diventa anonima rispetto alle tradizioni. Poi, per fortuna, nelle case la gente ha le sue tradizioni, i suoi modi, che mantiene e osserva.
SERVIZIO SERENATE
P – Adesso addirittura fanno un servizio serenate a Milano. Averlo saputo… La serenata per me è una cosa che fa la differenza, che ti fa dire: “Allora siamo in una città civile”. C’è il cantante che viene a farti la serenata sotto casa, come si usa Napoli la sera prima del matrimonio. Questi sono passi avanti, secondo me. Comunque sia, alla fine, gliel’ho fatta fare io, la serenata. Perché abbiamo un amico che fa il neomelodico a Milano, Tony Arca, e in radio gli ho fatto fare la serenata.
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LA CRISI VISTA DA QUI
P – Lavorando in radio mi accorgo che oggettivamente c’è da tempo una grave crisi economica, ma non solo: c’è una crisi ideologica.
RISCHIO SOLITUDINE
P – C’è un forte spaesamento. Io questo lo sento molto e sento anche una forte paura della solitudine. Di non essere parte di quello che era la struttura sociale di un tempo. Quindi, entrare dentro una grande azienda, e lavorare per quella (tutta la vita) e creparci dentro… La possibilità di inventarsi delle cose… Dove non c’è forse una formazione culturale, ma anche sentimentale, la solitudine è sempre pronta a scatenare grandi paure.
CITTÀ PER FIGHETTI
P – Qua è una città per fighetti. Per cui, o sei nella cosa giusta, fighetta, o sennò sei molto isolato. Più che nelle altre città, secondo me.
IL BELLO È…
E – A me piace, per esempio, fare la differenziata… A lei la mando a casa sulla differenziata…
MAI ORA
P – Io non vorrei mai arrivarci ora Milano, mi farebbe una fatica… Poi da Firenze no… Se c’è una cosa che Milano ti insegna è che se lavori bene, lavori sodo, fai…
E – Io trovo che ci sia molta meritocrazia a Milano.
FARE BENE QUI PAGA
P – Il fatto di fare bene paga e questa è una cosa che a me dà molta sicurezza, essendo io bravissima… A Milano si lavora in maniera totale, non smetti alle cinque.
NERVOSISMO E ANZIANI INCAZZATI
P – La maleducazione, il nervosismo milanese, gli anziani incazzati.
E – Sì, gli anziani incazzati, i giovani che si incazzano con gli anziani…
P – Lo sgarbo, pensare sempre che quello che ti siede al tuo fianco ti sta fregando… Ma roba di… Tipo 10 cm di parcheggio. Cioè ti stanno rubando che cosa?
E – Milano è la classica città che se vedi la persona per terra.
P – Tiri dritto…
E – Sì, la gente fa fatica fermare la macchina. E a dare una mano…
LA RICARICA TOKYO
P – A me Milano va stretta quando a un certo punto, guardandoti in giro, entrando nei negozi e nei supermercati non vedi niente di nuovo. E quindi noi ce ne andiamo a Tokyo, due volte l’anno andiamo a Tokyo. E ci carichiamo a palla e poi cerchiamo di ricostruirci Tokio quì. Nel senso di intendere le cose in quel modo. Studiamo il giapponese per magari andare a starci un po’ di più. Quando farete I Giapponesi siamo noi, vorremmo fare la sigla!
GLI AMICI NAPOLETANI
E – I primi tempi che venivano i miei amici, e frequentavo anch’io situazioni del genere, li portavo tipo all’Hollywood…
P – Meno male che sei cambiato!
GLI AMICI GIAPPONESI
P – Gli amici giapponesi sono delicati, da proteggere. Certa maleducazione è fastidiosa, mi vergogno un po’, però li porto in centro. A loro piace vedere i monumenti, il Duomo, i negozi. E poi da mangiare. Per il cibo diventano matti.
ORGOGLIOSI PER…
P – Quando vengono i nostri amici giapponesi, e anche i nostri amici napoletani, quando vanno via ci piace di più Milano. Tutto sommato finisce sempre che siamo abbastanza orgogliosi del posto dove stiamo. Perché li facciamo stare bene.
CERTE MUMMIE
P – Una cosa, invece, che detesto sono quelle pasticcerie tipo. queste qui di Milano, della vecchia Milano. Mi fanno cagare, con dei caffettini a 5 euro, con quelle signore che puzzano di naftalina, con le loro tazzine. Quelle tipo “Vuoi fare una foto a un cioccolatino? Non si può fotografare…”. Ma che chi te lo copia?
PRO MOSCHEA
P – Questa deve essere una città che garantisce i diritti, che non LI impone ma LI garantisce. Siamo pro moschea, siamo pro tempio, siamo pro chiesa, siamo pro chi utilizza questi spazi per pregare e coltivare il proprio culto. Perché è un lato dell’essere umano fondamentale.
SE LINUS SI FOSSE CANDIDATO SINDACO?
P – Mi sarei messa davanti alla porta così… ”Tu da qua non esci, ci devi comandare. Devi tenere testa a via Massena 2. Dove vai?”. Noi siamo una cittadina, là dentro. L’uomo non deve mollare la baracca. Sennò…