SILVANA MEAZZA ## Milanese di Milano, 75 anni, pensionata

Questa simpatica signora, sveglia e grintosa come poche, ha 75 anni ed è una delle due figlie di Beppe “Peppin” Meazza, il leggendario calciatore dell’Inter – morto nel 1979 – che dà il nome allo stadio cittadino e che nel 1934 e 1938 fece vincere due campionati del mondo all’Italia (all’epoca si portava a casa la Coppa Rimet). Tre figli, nessuno diventato calciatore («Hanno ereditato tutti la passione per il calcio, ma non il talento: quello spunta una volta sola nell’albero genealogico di una famiglia»), la signora Silvana è in pensione ma da brava milanese ogni tanto dà una mano nello studio da ingegnere del marito. Per le passeggiate ai giardinetti, o il bridge con le amiche, c’è tempo.

Come se la passa Milano, secondo lei?
«Sono ottimista di natura, la vedo bene. Rispetto agli ultimi anni mi sembra tornata a essere più vivace, dinamica, produttiva. Dobbiamo augurarci tutti che sia davvero così e che vada sempre meglio: se Milano si rimette in piedi e torna a galoppare, tutta italia le viene dietro».
Perché Milano fa sempre da traino?
«Perché qui a nessuno piace star fermo, tutti vogliono mettersi in gioco e fare. Siamo sgobboni. Lo siamo perché ci piace vivere bene, e per vivere bene ci vogliono i danèe, ma anche perché il lavoro tiene la mente allenata. Alla mia età, per esempio, avrei potuto anche fregarmene del computer e tutto il resto, invece mi sono messa sotto a studiare e adesso navigo in Rete che è una bellezza. Bisogna guardare avanti: rispettare il passato, ma cogliere il buono del tempo che passa e cambia tutto. Chi si ferma è perduto».
La nuova Milano dei grattacieli le piace?
«Moltissimo. E anche la Darsena trovo che sia molto bella. Finalmente, grazie all’iniziativa privata, qualcosa è cambiato in città. Adesso ci vorrebbero marciapiedi nuovi, però. Quelli che abbiamo fanno schifo. Si guardi intorno, ma si può avere un arredo urbano così degradato? A Milano?».
Giuliano Pisapia l’ha delusa?
«Non mi è piaciuto per niente, questo sindaco qui. Che cosa ha fatto Pisapia per Milano? Una panchina, una fontanella, un vaso? Zero. Ma si può? Io, per esempio, metterei un po’ di fiori davanti al Palazzo di Giustizia, che sembra un cimitero. Guardi, non sono di sinistra, lasciamo stare questi argomenti».
Meglio Matteo Salvini?
«Aiuto! Ha la mente piatta, il Salvini. Bisogna andare fuori dall’euro? Cacciare tutti gli immigrati? Sì, e poi?».
È favorevole o contraria alla costruzione di una moschea a Milano?
«Roma ce l’ha, quindi dobbiamo farla anche qui da noi. Non mi va che preghino in mezzo alla strada e non mi va che questi posti diventino luogo di chissà cosa. Però voglio sapere chi sono, questi signori. L’immigrazione va organizzata e controllata. Devono essere tutti in regola e devono pagare le tasse e tutto il resto. Basta con gli sbandati in giro per la città».
Quando suo papà era ancora vivo com’era Milano?
«Era un altro mondo. Era una città più tranquilla e più rispettosa delle persone. Adesso ognuno fa quello che vuole. Che confusione…».
A suo padre piacerebbe?
«No. Non la riconoscerebbe, Milano».
Non era più fredda di adesso?
«Era più educata, non fredda. L’amicizia per i milanesi è importante. Se una persona è cordiale e gentile, da noi è sempre bene accetta. Noi siamo disponibili e aperti. Può darsi che qualcuno ci veda un po’ spigolosi, non lo so. Non so giudicare. Siamo fatti a modo nostro, diversi dai romani o dai napoletani. Per me Milano va bene com’è».
E per gli altri? All’estero che idea hanno di Milano?
«Ci facciamo valere in tutto il mondo per creatività, professionalità e affidabilità. All’estero se si parla di Milano, si dicono solo belle cose. Abbiamo il pil più alto di Berlino. Certo, non siamo al livello di Londra, Parigi o Madrid, ma loro sono capitali. Noi no. E poi tanti giovani se vogliono lavorare in Serie A, nel campo del design o della moda, qui devono venire».
Suo padre di che quartiere era?
«Papà era di Porta Vittoria e dopo un po’ andò ad abitare in piazza Castello, dove io e mia sorella Gabriella, siamo rimaste fino a quando non se n’è andata anche mamma. Papà diceva che era il posto più bello di Milano. Era un abitudinario: aveva i suoi locali, i suoi negozi: si vestiva da Coruzzi, in via San Pietro all’Orto, mangiava da Marino, in Galleria Meravigli. Faceva lunghe passeggiate per il quartiere, anche se spesso non riconosceva la gente…».
Come?
«Papà non memorizzava i volti. Una volta camminando in via Dante incontrò il grande tenore Giuseppe Di Stefano, un suo amico. Che subito gli andò incontro per salutarlo. Papà non lo riconobbe subito e fu un po’ imbarazzante… Succedeva, era fatto così».
Milano, invece, come è messa a memoria? Suo padre è ricordato come si deve?
«Diciamo che bisogna sempre stimolarla, la memoria. Certo, c’è lo stadio, ma a volte il Comune organizza eventi al Cimitero Monumentale dedicati ai grandi personaggi di MIlano, o serate speciali, e non avverte mai noi familiari. Mi sembra bruttissimo».
Lei adesso dove vive?
«Quando mi sono sposata sono andata a vivere a Porta Romana, zona che mi piace moltissimo».
Allo stadio va ancora?
«L’ultima volta, una quindicina d’anni fa. Ogni tanto va mio figlio, ma niente di più. Non abbiamo più le tessere».
Se Thohir e Mancini la invitassero?
«Andrei, certo. Ma non lo faranno. Ormai è così: non c’è più memoria».
L’Inter indonesiana come le sembra?
«Mah! A me fa un po’ impressione. Non voglio parlarne male, ma un asiatico con l’Inter che c’entra? Ci stiamo un po’ svendendo…».
Un calciatore che le piacerebbe vedere con la maglia di suo padre?
«Facile: Messi. Più lui di Ronaldo, che è troppo bello. Mi sa che si distrae troppo quel ragazzo lì».
Nessuno fra gli italiani?
«Mah! In passato avrei visto bene con la nostra maglia il Del Piero e il Totti, adesso non saprei».
Un concerto al Meazza l’ha mai visto?
«No. Però mi piacerebbe. Quest’estate mia nuora voleva portarmi da Tiziano Ferro, ma ero appena rientrata dal week end ed ero stanca. L’anno prossimo».
A proposito di week end, perché i milanesi scappano?
«Perché siamo fortunati. Vicino a Milano c’è di tutto: lago, mare, montagna. E quindi andiamo a spassarcela un po’. Mio figlio, che vive a Madrid, mi dice che quella è una cattedrale nel deserto. Per cambiare aria, devono fare minimo quattro ore di auto. Infatti, vorrebbe tanto tornare a Milano…».
Gli angoli della città che preferisce?
«Sono credente ma non sono una bigotta, le chiese di Milano però sono bellissime e spesso, purtroppo, poco conosciute e apprezzate: san Simpliciano, santa Maria Incoronata, san Nazaro maggiore, Sant’Ambrogio…».
Un suo personalissimo Ambrogino d’oro a chi lo darebbe?
«Mah! A chi si occupa degli anziani e dei disgraziati che non hanno da mangiare, a quelli che aiutano disinteressatamente. A chi se no?».

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