SILVIA LAZZARONI ## Milanese di Monza, 30 anni, account manager

Silvia Lazzaroni ha 30 anni e da quattro vive a Milano con il fidanzato che sposerà quest’estate. Nata a Monza, ha sempre vissuto con i genitori a Cornate D’Adda, quaranta chilometri a nordest di Milano (la madre è di Cornate, il padre di Parabiago). Insomma, è una brianzola doc, Silvia. Laureata in Linguaggi dei Media, lavora come account manager per PRCo, agenzia internazionale di pubbliche relazioni impegnata soprattutto nel settore alberghiero. È un bel tipo, Silvia, sorridente e disponibile. Anche lei, però, ha i suoi scheletri nell’armadio.

Dove ha studiato? 
«Il liceo l’ho frequentato a Monza, l’università alla Cattolica, ovviamente a Milano. Ho discusso la tesi sui musicarelli di Ettore Maria Fizzarotti. Nel suo campo, un genio».
Quello che ha diretto film tratti da canzoni come Una lacrima sul viso di Bobby Solo, In ginocchio da te e Non sono degno di te di Gianni Morandi?
«Lui. Fizzarotti ha raccontato la musica con le immagini come pochi altri. Oddio, io avrei voluto fare tutt’altro…».
Tipo?  
«Biologa, criminologa, nutrizionista. Poi, da timida qual ero, ho scelto di fare comunicazione… Mi sarebbe anche piaciuto studiare lingue, ma non mi entusiasmava l’idea di fare l’insegnante. Così, visto che sono sempre stata appassionata di arte e spettacolo, mi sono buttata sulla comunicazione per vedere come andava a finire. Per ora, benino».
Trasferirsi a Milano è sempre stato nei suoi piani?
«No. Pensavo di laurearmi e poi andare all’estero, magari negli Stati Uniti. Per me Milano è sempre stato un prolungamento della Brianza: dallo shopping ai concerti, alle partite dell’Inter al Meazza, l’ho sempre considerata una città vicina e speciale. Non ho mai pensato di viverci, però».
E poi?
«Mi sono fidanzata con un terrone e quindi… Scherzo, Giorgio è un milanese d’origine calabrese. Ci sposiamo a luglio. Grazie a lui sono cambiati i miei programmi».
Con il lavoro com’è andata?
«Sono stata fortunata. Ho iniziato nel 2008. Dopo la laurea ho fatto un mese e mezzo di vacanza, sono tornata e ho trovato subito lavoro. Prima in un’agenzia locale, poi in una internazionale».
A cosa non rinuncerebbe, qui a Milano?
«Uscire presto la mattina del sabato per andarmene in giro a piedi in centro prima che arrivino tutti gli altri. Vivere qui è una fortuna: questa è una città che offre tanto, sotto tutti i punti di vista. Professionalmente non è impossibile arrivare a un certo livello se si è preparati e si ha voglia di fare. Tanti miei amici, per esempio, vivendo altrove, non hanno avuto e forse non avranno mai le stesse possibilità. Qui non è il paradiso, però, come canterebbe Jovanotti».
Si spieghi meglio.
«Anche qui a Milano c’è un bel po’ di incompetenza e mediocrità. Tanta gente sfoga le proprie insicurezze sugli altri, e non ha il senso del limite. Troppa gente si prende sul serio sfiorando, anzi, spesso travolgendo, il senso del ridicolo».
C’è un eccesso di competizione?
«Sì, anche se adesso la pressione non la sento più come agli inizi, quando ero solo una brianzola intimorita di soli 23 anni. Adesso mi sento più sicura: Milano è anche mia».
Che cosa cambierebbe? 
«La frenesia delle persone e il fatto che nessuno guardi in faccia il prossimo. Qui sembra che tutti debbano correre a salvare vite umane…».
Di brianzolo che cosa le è rimasto?
«Tutto. Ho ricostruito a Milano la mia piccola Brianza: dal bar agli amici adesso ho tutto quello che mi occorre. Unico problema, le scarpe: ogni tanto devo “traghettare” qualche scatola da Cornate a Milano…».
Che vuol dire?
«Con una certa frequenza devo organizzare traslochini… Da me non c’è più spazio».
Quante ne ha?
«È meglio se parliamo d’altro, l’argomento è delicato. Vorrei sposarmi tranquillamente…».
Insisto.
«Noi donne abbiamo questa passione…».
Quante?
«A Milano un centinaio… Ho occupato una parete intera».
Un centinaio?
«E dai miei altrettante, così ogni tanto – a seconda delle stagioni o delle esigenze – da lì le sposto qui, e viceversa. Non mi prenda per una superficiale, ma le scarpe per una donna sono una cosa seria. Non ha idea di quante siamo a far così. Il vero dramma è arrivato quando ho scoperto la suola rossa di Christian Louboutin. Roba da perdere la testa…».
E i soldi… Quanto ha speso?
«Un paio di Louboutin Degraspike con le borchie le ho pagate 750 euro, Jimmy Choo da sera 395, gli stivali di Gucci 500. Non tutte le ho prese a prezzo pieno, sia chiaro. Insomma, fra outlet, saldi e amiche giornaliste che mi invitano alle svendite riservate alla stampa, non faccio mai follie. Non più di tanto, almeno».
Le scarpe più strane che ha?  
«Ho decine di sneakers e All Star di ogni tipo e colore, alcune non le ho mai messe, ma le più tamarre sono quelle che mi sono fatta personalizzare – con lo skyline di New York – in un negozio di San Francisco… Bellissime! Ovviamente sono riuscita a comprare scarpe anche a Disneyland Paris…».
Da chi l’ha presa questa fissazione?
«L’ho ereditata da mia mamma, grande fan di scarpe e borse. Come lei ne ho di tutti i tipi: Manolo Blahnik, Stella McCartney, con tacco gioiello, chiodi… Sono affezionatissima a un paio di Prada con tacco Swarovski, prese anni prima a Los Angeles in un negozio a Melrose Place, ovviamente superscontate altrimenti non me le sarei mai potute permettere. Adoro anche un modello di Miu Miu trovato a Parigi dopo una lunga ricerca: a Milano era impossibile trovare numeri più grandi di quelle di Barbie…».
Che numero ha?
«38, come una fatina…».
Il suo futuro marito che dice? 
«A volte fa la faccia un po’ così… Io, però, gli dico: “Pensa se al posto delle scarpe fossero stati diamanti…».
E lui?
«Parliamo di Milano?».
Quali sono i suoi posti magici in città?
«D’istinto le dico Forum di Assago, Blue Note, Piccolo Teatro e cinema Odeon per le tante emozioni vissute in questi posti. Poi Brera, Santa Maria delle Grazie, via Ariosto… Per un motivo o l’altro ho sempre lavorato da quelle parti. E poi la colazione il sabato da Bastianello, bar caro ma buonissimo…».
Che cosa non riesce a fare a Milano rispetto alla Brianza?
«Uscire da casa struccata, in tuta, vestita come mi pare… In Brianza sono tutti più rilassati. Qui devo sempre darmi un tono».
Come si è milanesizzata?
«Nelle corse nevrotiche, nell’ansia da prestazione, nelle piccole grandi ossessioni legate al risultato. Detto questo, non vivo di solo lavoro e detesto le donne che non pensano ad altro. Alla fine della giornata c’è la vita. Meglio stare a casa con il fidanzato o gli amici che partecipare all’evento figo. Ci vuole il giusto equilibrio. Sono la brianzola di sempre, semplice e tranquilla».
Mai sentita in pericolo?
«La città nell’ultimo anno è molto cambiata, migliorata, si è internazionalizzata più che mai, anche se non può essere certo paragonata a un gioiello come New York. Purtroppo dopo una certa ora, quando esco con le mie amiche, devo dire che non mi sento più sicura».
Se dovesse lasciare Milano dove le piacerebbe andare?
«In una città della California. New York la adoro, ma non so se ci vivrei a lungo. Idem Parigi e Londra, che conosco poco. Mi sa tanto che resterò qui e diventerò mamma di un milanesino. Interista, ovviamente».
Al posto di Pisapia chi le piacerebbe vedere a Palazzo Marino?
«Non saprei. Basta che non ci vada Salvini, o uno dei suoi. Magari mette una tassa sulle scarpe… Uè, scherzo».

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