GIANLUCA IOVINE E LINDA OVADIA ## Milanesi di Merate e Milano, 32 e 36 anni, imprenditori

Da un anno e mezzo a questa parte, in zona Lambrate, c’è un mercato dove tutti – o quasi, la selezione è rigorosa – una domenica al mese possono esporre e vendere qualsiasi cosa: giubbotti di pelle, videogame da collezione, mobili decò, dischi in vinile, sneakers etc. Si chiama East Market, e non fa altro che riproporre a Milano l’atmosfera colorata e ricercata che si respira fra i banchi dei vari esercizi commerciali di East London. L’idea, tanto semplice quanto efficace, è venuta alla coppia – nella vita e sul lavoro – composta da Gianluca Iovine e Linda Ovadia, 32 e 36 anni, il primo di Merate (Lecco) e la seconda di Milano, che in così poco tempo sono riusciti a imporre East Market all’attenzione di migliaia di persone. Prossimo appuntamento, domenica 20 marzo, come sempre dalle 10 alle 21 (si trova in via privata Giovanni Ventura 14/15). Di questo e altro parlo con Gianluca in un bar a due passi dalle Colonne di San Lorenzo. Linda, che all’appuntamento per le foto è arrivata puntualissima, per l’intervista non s’è fatta vedere.

Quando avete iniziato?
«East Market è nato nel novembre 2014. Tutto nasce dalla voglia di fare qualcosa che non c’era in città. Da sempre frequentiamo Londra e la nostra idea di partenza era quella di portare a Milano i Flea Market di East London».
Che storia professionale avete?
«Veniamo tutti e due dal mondo della moda. Io dopo sei mesi di Lingue alla Statale ho lasciato gli studi per cercare di fare lo stilista, la mia passione. Ho iniziato a 19 anni come stagista da Neil Barrett, sono stato a Londra per qualche mese, ho fatto il commesso, ho avuto un negozio di sneakers, ne ho aperto un altro con abbigliamento di ricerca che, però, non è andato bene: io e i miei soci eravamo troppo giovani e troppo poco concreti per far stare in piedi un vero business».
Morale?
«Mi sono messo a fare il rappresentante di giubbotti di pelle, il responsabile di un monomarca, il distributore… Poi, stufo di stare in negozio, ho deciso di aprire una linea vintage tutta mia: Freshback. In pratica, compravo in America balle di denim usato e foderavo i vari giubbotti che trovavo con bellissime bandane Made in Usa. Quello che non usavo per Freshback lo vendevo nei vari mercatini di Milano. È li che io e Linda abbiamo avuto l’idea di East Market».
Lei che esperienze ha?
«Linda – mia fidanzata da quasi tre anni – ha studiato fotografia allo Ied, ha scattato per un po’, e poi si è messa a fare la venditrice per Prada, Miu Miu, Stella McCartney. A un certo punto ha deciso di fare una sua linea di occhiali, Sunettes, che in poco tempo ha preso piede. Li ha fatti avere anche a Lady Gaga, che li ha usati in un paio di occasioni. Stanno funzionando molto bene».
Com’è andata con i mercatini?
«Non ci piacevano, per fortuna. Avevamo in testa il modello Londra, dove tutto è decisamente più cool: c’è merce interessante, gente come si deve, incassi buoni. Abbiamo trovato il contatto giusto a Lambrate, zona che c’è sempre piaciuta durante gli eventi legati al Salone del Mobile, e nel novembre 2014 ci siamo buttati. I primi tre appuntamenti li abbiamo organizzati al Lambretto, da marzo 2015 ci siamo spostati nello spazio attuale. Dai 1000 metri quadrati del primo evento siamo passati ai 7000 di adesso. Il nome scelto è ispirato a Londra, ma anche al fatto che Lambrate è a est di Milano».
Quanti visitatori avete di media?
«Il 24 gennaio ne abbiamo avuti 15 mila».
Quanta gente lavora per voi?

«Al momento 27 persone, più 32 aziende che in un modo o nell’altro lavorano per noi con almeno 3-4 operatori, più 7-8 aziende che ci forniscono energia a vario titolo».
Volume d’affari di East Market?
«Vabbè, dai… Diciamo che, nato dal nulla, è diventato una piccola azienda che fa buoni numeri. Domenica avremo 256 espositori da tutta italia. All’inizio erano 65».
Fra questi quanti sono milanesi?
«Fra il 40 e il 50 per cento. Il resto viene da Roma, Genova, Torino, Brescia, Bergamo, Padova, Bologna, Ascoli, Napoli…».
Quanto costa partecipare?
«Gli spazi sono tutti uguali e costano 100 euro per tutto il giorno. A seconda delle esigenze c’è la possibilità di prenderne anche più di uno. Il mercato è aperto dalle 10 alle 21».
Chiunque può partecipare e vendere le proprie cose?

«Sì. Bisogna fare una richiesta, noi valutiamo tutto, e poi diamo l’ok o meno. Siamo molto selettivi: riceviamo 700-1000 richieste a settimana».
Può venire anche la persona che ha svuotato la cantina o la soffitta?
«Certo. Se ci ha trovato qualcosa di interessante, nessun problema».
Per capirci, quanti sono i dilettanti?
«Pochi, ma ci sono. La maggior parte è gente ormai del mestiere».
Stranieri?
«Qualche coreano che studia a Milano e vende oggetti vintage».
Controllate anche i prezzi?
«No. Ognuno vende la sua merce alla cifra che ritiene più giusta».
Che cosa si vende?
«Di tutto: vestiti di ogni tipo, teschi di bisonte, giocattoli, poster, gioielli, libri, farfalle… All’inizio i collezionisti ci snobbavano un po’, ma – visto il successo di pubblico – hanno iniziato a scriverci in massa. E andata bene, in fondo avevamo scelto un posto bello ma poco frequentato».
Addirittura?

«È la verità. Noi abbiamo riqualificato una parte della città con un progetto che mette al centro di tutto il bello e la voglia di stare insieme e fare impresa. Adesso, e credo sia davvero molto importante, quando c’è il nostro mercato i negozi, i bar e i ristoranti della zona sono pieni».
Problemi?
«Diciamo che Expo è finita e per qualcuno bisogna assolutamente tornare alla normalità… Forse stiamo facendo troppo e troppo bene, non lo so. È probabile che qualcuno non sia felicissimo del nostro successo. Noi vogliamo soltanto continuare a lavorare e far lavorare. Niente di più, niente di meno».
Vorreste aprire East Market tutte le settimane?
«Non ancora. Un giorno, però, non ci dispiacerebbe. Oggi tanta gente va a Lambrate convinta che il mercato ci sia tutte le domeniche. Nel frattempo abbiamo fatto due edizioni di Eat Market, riservato esclusivamente al cibo».
Ce l’ha ancora la sua linea?
«Sì. Il progetto va avanti, ma devo trovare il tempo di produrre. Ho venduto tutto. Per ora East Market mi tiene impegnato giorno e notte».
In un’altra città italiana East Market avrebbe avuto lo stesso successo?
«Non credo. Milano ha una marcia in più: ha sempre voglia di novità, è attenta ed è sempre un passo avanti al resto d’Italia. East Market funziona perché la città è pronta, c’è grande interesse verso le cose speciali. Penso sia così perché a Milano vive e lavora gente da tutta Italia che qui porta e prende il meglio di tutto. Oddio, rispetto al resto d’Europa si potrebbe fare di più, ma va bene lo stesso. Non mi piacciono quelli che si lamentano».
Porterete il vostro mercato anche altrove?
«Stiamo pensando di farlo a Roma, ma è tutto da definire. Ci hanno proposto Venezia. A me piacerebbe andare anche a Copenaghen».
La marcia in meno di Milano?
«Quella di tutta Italia: la burocrazia. Che va ad aggiungersi a quell’immobilità di pensiero che a volte sembra un muro: si fa così perché è così, e basta».
Dove volete arrivare?
«Non lo so. Di sicuro fin dall’inizio abbiamo pensato di fare qualcosa che rimanesse per la città. Vanno benissimo eventi straordinari come Salone del Mobile, Design Week, Settimana della Moda, ma Milano ha bisogno anche di appuntamenti di un certo livello che ci siano sempre. Lambrate potrebbe diventare davvero un quartiere di arte, creatività, nuove idee…».
Adesso dove abitate?
«Dalle parti delle Colonne di San Lorenzo».
Perché non vi trasferite a Lambrate? Troppo borghesi?
«No. Vivo qui da qualche anno e mi sento a casa. Non sono un abitudinario, però. Tutto può essere».
Senta, adesso come chiama il lavoro che fa?
«Imprenditore».
La regola numero uno dell’imprenditore?
«Per come la vedo io: viaggiare, vedere, capire. Chi si ferma è perduto».

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