Nuova scoperta del Politecnico di Milano sul codice Atlantico di Leonardo

Il Politecnico di Milano ha fatto una nuova scoperta sul codice Atlantico di Milano, portando a termine delle ricerche e degli approfondimenti volti a chiarire l’origine delle macchie scure che sono apparse qualche anno fa sul Passepartout che rilega i fogli leonardeschi.

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Il Politecnico è riuscito a scoprire qualcosa di veramente molto interessante.

Il codice Atlantico è il protagonista della faccenda, si tratta di una raccolta estesa di scritte e disegni ad opera di Leonardo Da Vinci, che viene considerata da studiosi e ricercatori una delle più grandi sfide del mondo.

Codice Atlantico, frammenti originali degli scritti di Leonardo,

Il codice Atlantico è stato donato nel 1637 alla Veneranda biblioteca Ambrosiana ed è stato oggetto di restauri effettuati nel laboratorio del libro antico dell’Abbazia di Grottaferrata più volte.

Gli ultimi restauri risalgono al 1962 e al 1972. Sono stati realizzati 12 volumi con 1.119 fogli di opere di Leonardo. Tutte le pagine hanno un Passepartout con finestra che va ad incorniciare alcuni frammenti originali degli scritti dell’artista.

Lo strano avvenimento che risale al 2009

Il codice è conservato dal 1997 in una stanza che ha un microclima controllato per la conservazione della carta. Nel 2006 però è successo qualcosa di incredibile: sono comparse delle macchie scure sul Passepartout, proprio intorno alla finestra che va a rinchiudere e a rilegare i fogli. L’annerimento è avvenuto su 210 pagine, partendo dalla pagina 600 in poi. Il fatto ha suscitato ovviamente scalpore preoccupazione e curiosità tra conservatori e curatori oltre che studiosi del museo.

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Il primo intervento, ovvero la sfascicolazione dei volumi è avvenuto nel 2009.  Poi tutti i disegni sono stati spostati su cartelle e scatole non acide per preservarli e conservarli al meglio. Sono iniziate da subito le ricerche per capire il perché della comparsa di queste macchie nere.

Ecco cosa hanno scoperto i ricercatori a seguito di studi approfonditi

La ricerca è stata inserita in un progetto pilota che finalmente adesso ha portato a delle risposte chiare. Le tecniche di analisi utilizzate dagli esperti sono state non invasive e micro-invasive. Il gruppo di lavoro è stato coordinato dalla professoressa di scienze e tecnologia dei materiali del Politecnico di Milano Lucia Toniolo.

Inizialmente degli studi avevano escluso l’ipotesi secondo la quale le macchie potessero derivare da processi di deterioramento della carta. Poi è arrivata la ricerca condotta dal Politecnico di Milano che ha utilizzato fotoluminescenza iperspettrale, con imaging micro ATR, infrarossi, immagini di fluorescenza. Tutto questo ha consentito di rilevare la presenza di colla vinilica e colla d’amido, dove il fenomeno si è verificato in maniera intensa, ovvero al margine del foglio.

Poi è stata rilevata anche la presenza di alcune particelle inorganiche tondeggianti composte da zolfo e mercurio accumulato dentro le cavità. Tramite l’analisi di sincrotrone, è stato possibile identificare delle particelle di solfuro e di mercurio che insieme potrebbero aver causato l’annerimento. La presenza dello zolfo è stata spiegata con l’inquinamento atmosferico in aumento o legata in qualche modo agli additivi della colla.

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