NESLI (Francesco Tarducci) ## Milanese di Senigallia, 35 anni, cantautore pop

Francesco Tarducci, in arte Nesli, 35 anni, si è liberato da tempo della pesante parentela con Fabri Fibra (suo fratello maggiore) per ritagliarsi un posto in prima fila nel panorama della canzone pop italiana. Dopo i sei album che dal 2009 in poi gli hanno dato grande popolarità, anche l’ultimo lavoro Andrà tutto bene (che ha dato il titolo anche a un fortunato libro edito da Mondadori) ha confermato Nesli  fra i nomi più interessanti e seguiti del pop d’autore italiano, soprattutto dopo l’apparizione al Festival di Sanremo dell’anno scorso. Al suo fianco per il prossimo disco – al momento in fase di lavorazione a Milano – ancora una volta un produttore di grande talento, e risultati, come il catanese Brando, già artefice dei successi di Modà, Emma e dell’ultimissimo Edioardo Bennato. In questa intervista Nesli parla del suo rapporto con Milano, le prime case in periferia, il colpo di pistola sparato a Senigallia, il successo, la musica, i sacrifici…

Trascrizione videointervista a NESLI (Francesco Tarducci)

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MILANESE DAL 2007
Vivo qui dal 2007, dall’agosto del 2007. Ma sono residente da molto meno, perché sono pigro e quindi ho fatto dopo il cambio di residenza poco fa. Però ci bazzico da tanto tempo, dal 2002-2003.

ESCALATION SULLA A14
È stata proprio un’escalation sull’ A14, nel senso che da Senigallia sono passato a Rimini, da Rimini a Bologna, da Bologna a Milano.

SEGUENDO LA MUSICA
Io seguivo il flusso della musica che mi piaceva e quindi il percorso era quello. Mi piaceva spostarmi da Senigallia per andare in altre città, mi piaceva prendere un sacco di treni. Credo di aver preso… potrei fare delle gare da Guinness… Era bellissimo (viaggiare) perché era un modo di aprire la testa, la mente, fare nuove esperienze.

LA RADICE STRAPPATA
Senigallia la sentivo mia quando ero ragazzino, poi quando ho iniziato ad avere questa forte passione per la musica, la radice si è un po’ strappata e la mettevo ovunque andassi.

MILANO E GLI OPPOSTI
Per me rappresenta gli opposti: fredda ma ospitale, grande ma piccola, ti dà l’opportunità di fare tanto ma puoi anche viverla come una città non come una metropoli che ti schiaccia… È piena di contraddizioni e l’ho sempre vissuta così. All’inizio mi spaventava questa cosa, poi in realtà Milano mi ha dato equilibrio.

LA MIA CASA
Mi sono trovato subito a fuoco, tant’è vero che quando sono fuori per troppo tempo, (girando) dico sempre a Brando (produttore e manager di Nesli, ndr) che “dovremmo vivere qui, bellissima questa città”, poi alla fine ci guardiamo in faccia e ci diciamo: “Ma dove vuoi andare?!”. È Milano la mia casa. Quando non sono per tanto tempo qui mi sento decentrato E quindi devo tornare.

UN ITALIANO A MILANO
«Sono un italiano che vive a Milano. La metto così, perché milanese adottivo, non lo so, mi fa brutto nei confronti dei milanesi. Marchigiano residente a Milano no, perché non mi sento così tanto marchigiano. Quindi mi sento più italiano, cioè dove mi metti sto. Sono una persona liquida, mi abituo e mi adeguo al recipiente. Milano e l’unica (città) che potrebbe rappresentarmi.

UNA CITTÀ PER CRESCERE
Sono molto individualista, secondo me è fondamentale per essere a fuoco, per essere liberi, per fare le scelte giuste. Indipendenza neutra e distaccata, questo ci vuole per me. In Italia farebbe bene a tutti gli italiani vivere (almeno per un po’) a Milano, perché è una città che ti leva quel senso di attaccamento alla famiglia, quella parte un po’ morbosa di cui si può fare volentieri a meno.

SEMPRE AL NORD
È sempre la parte nord di Milano, quella dove ho vissuto, non so perché, forse… Boh! Per locali andavo un po’ dappertutto, però per vivere sceglievo tutta la parte nord. All’inizio infatti sono sbarcato a Niguarda, da Senigallia – posto molto bello e pittoresco – sono finito proprio nelle torri di Niguarda.

PERIFERIE MILANESI
Mi ricordava un sacco le periferie di film come L’odio. Mi dava quel rimando lì e sono sbarcato subito lì. All’inizio, devo essere onesto, ero traumatizzato. Dalle mie parti, a Senigallia, le case più alte sono al massimo di quattro piani, io stavo al 13º piano su 15 della torre, un mini grattacielo. È stata un’esperienza estremamente traumatica all’inizio, ma molto formativa. Da lì sono passato in Bovisa, dove vivevo in un seminterrato che non era accatastato per viverci, era come un laboratorio, non c’era il bagno – che abbiamo fatto costruire – non c’era la cucina, che abbiamo messo elettrica, non c’erano mobili… Era proprio una roba artistica!

BOVISA ESTREMA
L’altro ragazzo, che era poi il mio manager dell’epoca, non c’era mai quindi vivevo da solo. E ti giuro non c’era niente, nemmeno la presa per l’elettricità della Tv.A casa c’era anche un pianoforte sgangherato e scordato, che mi ostinavo a suonare sperando di imparare qualcosa, ma era scordato… Ecco perché ho sempre un problema di semitoni, di stonature, perché ho sempre suonato un pianoforte scordato. Il pavimento, invece, era fatto di gomma nera, quella per asili, un posto stranissimo. Non c’era la lavatrice a casa e la tintoria era in via Imbriani, piena di nordafricani di viale Jenner. Sulla carta uno non doveva essere preso così bene, però – giuro – quando andavo a fare la lavatrice il sabato mattina presto, con il sole che tagliava esattamente via Imbriani, non c’era posto più bello dove poter stare.

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ISTRUZIONI PER L’USO
Milano se non la vivi con distacco, o se pensi di fare tutto subito, se ti fai fagocitare dal fascino dei locali dove vieni per lavorare ma se vuoi divertirti ti diverti in grandissima scala.

A UN PASSO DAL PRECIPIZIO
Anche lì torno al discorso dell’indipendenza, Devi essere tu davvero padrone di quella cosa. Io le ho provate tutte però ho sempre avuto il dono che un passo dal precipizio sono bravo a fermarmi… Però lì mi piace arrivare.

UN SOGNO DA VIVERE QUI
Io parto sempre dal presupposto che avevo un sogno per pochi: la musica, e quindi in questo caso Milano è centrale, come Roma per il cinema. È tutto qui se vuoi fare musica, dopo un grandissimo successo c’è chi va via da Milano e prende casolari in posti improbabili… Però nella prima parte, nel grosso del lavoro, resterei qua. Starei in alto, perché poi Milano è tutta col naso all’insù, se stai con il naso all’insù vediamo sacco di cose bellissime.

È BELLA QUANDO…
È bella quando va bene, è bella quando hai soldi da spendere, È bella quando hai le amicizie, è bella quando sei in giro… ma se sei in down non è bella… Tutto ti ricorda il down del tuo momento: dai colori al fatto non poter fare. Comunque Milano costa.

FALLIMENTI E FANTASMI
Questa rincorsa all’indipendenza è legata a una forte motivazione, altrimenti al primo ostacolo prendi e toni a casa. Io ne ho avuti due o tre di questi momenti, per cui ho quasi detto torno a casa. Quella forma di fallimento e di sconfitta era troppo grande, quindi ho detto a me stesso: piuttosto vivi da fantasma a Milano. Il primo periodo ero in Bovisa, dove non c’erano lavatrice e bagno, che ci regalò una Fan, era comunque un periodo di merda… Però ci credevo talmente tanto per cui non me la sono voluta prendere con la città… il mio fallimento non era il fallimento della città… non era di quelli che” maledetta Milano, sono venuto ho buttato all’aria i miei sogni”. No, in realtà sono partito proprio da zero, dalla Bovisa, da una quantità di scarafaggi, perché era pieno…

LA SCELTA
Avevo la possibilità di scegliere. Ho scelto di stare qua, di prendere la residenza e di sentirmi milanese.

TUTTE LE FACCE
Ho avuto la possibilità di vivere tutte le facce di Milano, prendendole con le pinze o con le distanze ma mi ha permesso di vivere e di fare tutte le esperienze che aveva da offrirmi.

IL SOUVENIR “LA FINE”
Sì, la canzone La fine era esattamente la fotografia di questa considerazione: “Faccio questo e poi in teoria dovrei andarmene, cioè qui il sogno e la rincorsa del sogno, il tentativo, è fallito”. Quel video era per me come un souvenir del momento, della città… Discograficamente era inutile farlo, costò 500 euro e venne fatto in maniera veramente punk.

LA SVOLTA
Quello era il momento in cui dovevo scegliere se andare via o restare, quindi quello è stato il momento di svolta. È la decisione mi ha aiutato a prenderla la stessa canzone, cioè l’evoluzione che ha avuto quel brano. Nella mia mente, però, quando l’ho pensato e girato, quello era il momento della fine di tutto. Dell’addio.

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IL COLPO DI PISTOLA
Da ragazzino mi è capitata questa disavventura, che in quegli anni capitava spesso a chi faceva il servizio militare: gli davano un’arma in mano, non sapeva tenerla in mano e gli partiva un colpo… A me è successa la stessa cosa. Non ero militare, ma la dinamica è stata più o meno quella.

IL DESTINO E LA MOSCHEA
A Milano vivo in un quartiere in cui ci sono molti più gli stranieri che italiani. La moschea? Curiosa questa cosa… Perché avevo un amico che viveva esattamente davanti alla moschea di viale Jenner, e quando vivevo ancora a Senigallia – guardando il Tg4 di Emilio Fede che commentava le immagini della folla in preghiera in mezzo alla strada – dicevo ”pensa che casino per quelli che vivono lì che si ritrovano la strada intasata…”. Dopo quattro anni mi sono trovato a vivere proprio lì… Quindi mai dire mai nella vita.

DENTRO O FUORI
Puoi prendere casa con tre coinquilini, andare e venire ma non sarà mai come esserci. È quello il passo per essere un po’ radicato. Poi anche avere le frequentazioni legate al lavoro per viverla e non sentirsi un estraneo. È un processo lunghissimo per questo se poi sei fuori, sei fuori. È vera a Milano quella cosa dei cerchi, è proprio così, la “circonvalla” rappresenta quella roba lì, essere fuori o essere dentro, che poi una volta che sei qui non è che è finita. Sei dentro quel cerchio, ma ce n’è sempre uno.

ADULTO A MILANO
La parte che più ti forma, ti rende adulto, ti fa “uomo”, l’ho vissuta qui. Nel momento in cui ti va male, non la vivi Milano, non è che vai in giro a fare il bello.

LA MILANO PEGGIORE
Se non hai una lira a Milano stai a casa. Vivi la peggior Milano. Vivi quella del traffico, quella degli orari in cui è un casino, quella in cui vedi la gente che si diverte.

L’AUSPICIO
Continuare a salire, però senza salire troppo in cima perché se arrivi in cima devi per una questione fisica scendere.

RAP, FINZIONE O REALTÀ
Io sono sempre stato molto obiettivo e critico nei confronti di quel mondo. Sapevo benissimo che buona parte di quello che raccontavano era finzione. La mia follia, e lo racconto un po’ nel mio libro, è stata in una parte dell’adolescenza voler vivere tutto nella realtà. Non volevo che fosse una finzione.

VIVERE PER SCRIVERE
Perché io dicevo se lo dici non lo fai, se lo fai non lo dici. Era una linea sottile, ma importante, quindi mi sono dedicato a farlo per poi dirlo. Mi sono sempre detto: se non hai vissuto qualcosa di straordinario non puoi sperare di scrivere qualcosa di straordinario…

MUSICA, HO SACRIFICATO TUTTO
Ho sempre avuto fin da giovane questa idea di voler realizzare questo sogno e, devo dire la verità, alla fine l’ho fatto sacrificando tutto e tutti. Lo dico senza vergogna: dai familiari alle amicizie…

IL TEMPO CHE PASSA
Vivo malissimo il tempo che passa e se potessi congelarlo. Se mi dicessero di firmare non so quale patto per rimanere giovane, lo firmerei. Per certe cose divento veramente superficiale, cioè l’immaginazione va sull’estetica… sui capelli bianchi, su questa roba qui.

A QUARANT’ANNI?
Non mi vedo così diverso. Spero, cazzo, di non essere così tanto diverso…

CREDITI
La videointervista e il servizio fotografico a Nesli sono stati realizzati negli spazi del ristorante bar 22Milano (via Principe Amedeo 2/7), che si ringrazia per la preziosa e cortese collaborazione.

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